Come gestire i conflitti

Conflitti

I conflitti provocano spesso emozioni forti, come rabbia o paura, ma anche sentimenti di delusione, contrarietà e malessere. Queste sensazioni negative possono avere conseguenze distruttive nelle relazioni; per questo è importante acquisire la capacità di diagnosticare e gestire un conflitto in tempo reale: un conflitto gestito positivamente può trasformarsi in una importante occasione di miglioramento.

Da leggere:

Non è possibile eliminare del tutto i conflitti dalla nostra vita

Una prima considerazione che ci sembra opportuno proporre riguarda il fatto che non è possibile eliminare del tutto dalla nostra vita i conflitti, e che neppure sarebbe desiderabile.

I conflitti hanno una grande importanza nella nostra vita, e anche nello sviluppo della nostra cultura e civiltà. Senza conflitti l’emancipazione femminile non sarebbe mai avvenuta, e così l’acquisizione dei diritti delle minoranze.

Inoltre, anche nel corso della nostra vita, possiamo accorgerci che un conflitto può aver costituito una sottolineatura di un qualche cosa che era importante capire e, grazie al conflitto, le abbiamo dato la giusta importanza.

Un conflitto serve inoltre a chiarire desideri ancora inespressi. Ci fornisce l’occasione di percepire la realtà dal punto di vista dell’altro, di conoscere un mondo che finora non conoscevamo, che trascuravamo senza sapere di trascurarlo.

Anche nelle Aziende e nelle organizzazioni i conflitti, entro certi limiti, hanno una funzione positiva. Non può esistere una situazione organizzativa senza conflitti perché molti di loro sono fisiologici, appartengono all’inevitabile dinamica del confronto tra persone e possono essere segno di vitalità organizzativa. Infatti esiste un livello di conflitto che viene considerato ottimale.

Livello ottimale di conflitto organizzativo

Per tutti gli oggetti, per tutte le esperienze, c’è una quantità che assume un valore ottimale; oltre questa quantità la variabile diventa tossica, al di sotto c’è una deprivazione. (Gregory Bateson)

Probabilmente considerazioni simili possono essere applicate alla dimensione personale e alle relazioni di coppia. Senza nessun conflitto cosa diventerebbe la vita?

Le cause dei conflitti

Spesso i conflitti sono causati da:

  • Persone portate a contrapporsi che, sul piano caratteriale, per propria indole, sono
    Lucy vuole avere sempre ragione

    predisposte al conflitto.

  • Scarsità di risorse: alcune situazioni di conflitto possono essere generate da una scarsità di risorse, da situazioni in cui una persona necessita di un qualsiasi tipo di risorsa che però non gli viene data.
  • Lotta di potere, in cui uno intende prevaricare l’altro. Il classico problema di relazione.
  • Invasione: il conflitto può essere generato dall’invasione del proprio ambito spaziale, del ruolo professionale, ecc.
  • Rifiuto, Disconferma e squalifica: il conflitto interpersonale può essere generato anche da un atteggiamento di rifiuto del punto di vista dell’altro, o di indifferenza, che significa il mancato riconoscimento dell’esistenza dell’altro.
  • Differenza di bilancio: una situazione conflittuale può scaturire quando una persona presume di aver maturato un credito nei confronti dell’altro che però non gli viene restituito. (“con tutto quello che ho fatto io per te….”). Le due persone, di solito, hanno due percezioni molto diverse rispetto alla propria posizione reciproca.
  • Molte aziende si trovano ad affrontare fenomeni di ridimensionamento per competere sui costi, che portano spesso ad un contenimento del personale. Il risultato di tutto questo è quello di avere uno squilibrio tra carico di lavoro e numero di persone, e i carichi di lavoro eccessivi possono generare tensioni e conflitti.
Arte di ascoltare e mondi possibili arte di ascoltare e mondi possibili
Pragmatica della comunicazione umana pragmatica della comunicazione

L’escalation dei conflitti, fino al disastro

 
Escalation
 
 
 
Su qualunque piano (interpersonale, sociale, istituzionale, politico) nasca un conflitto, è a rischio di escalation, come è stato descritto da Friedrich Glasl.
 
Questo modello viene ampiamente utilizzato per determinare a che stadio è un conflitto e, di conseguenza, che cosa è meglio fare per contenerlo.
 
Nella prima fase (1-3) compare una tensione tra i due contendenti. Da questa tensione può scaturire una polemica, una disputa, fino a che i contendenti decidono di passare dalle parole ai fatti.
 

Nella seconda fase (4-6) si passa agli insulti (vedremo verso la fine dell’articolo che questo corrisponde al passaggio dal disaccordo di contenuto al disaccordo relazionale), al tentativo di far perdere la faccia all’altro, e infine ad ultimatum e minacce.

Paperina arrabbiata
 
Nella terza fase (7-9), la più distruttiva, le minacce del punto 6 vengono messe in pratica; poi si cerca di annientare l’avversario salvaguardando se stessi; nel passo successivo la volontà di distruggere l’altro continua, anche a costo di danneggiare se stessi.
 
 

Tecniche di risoluzione dei conflitti

Risolvere un conflitto implica la distinzione tra due livelli diversi della comunicazione: il livello del contenuto (cosa dico) e il livello della relazione (come lo dico).
Di qualunque argomento due persone stiano parlando, contemporaneamente ed inevitabilmente, parlano anche della relazione che li lega. I “messaggi di relazione” costituiscono una sorta di comunicazione sulla comunicazione, una sorta di “libretto di istruzioni” su come deve essere inteso il contenuto comunicato.
Il messaggio di relazione, il “come lo dico”, descrive:

  • come il mittente del messaggio considera il destinatario
  • come il mittente del messaggio considera la relazione tra sé e il destinatario

cosa dico e come lo dico min
Il contenuto del messaggio, in sé, potrebbe significare cose diverse, senza un messaggio di relazione che lo chiarifichi:

“faccia attenzione” potrebbe essere inteso come:

      • un ordine
      • una raccomandazione
      • una minaccia
      • una preghiera
      • un intercalare senza un particolare significato

    Ognuno di questi significati implica una diversa idea che il mittente ha della relazione tra sé e il destinatario.

    Se, in questo momento, qualcuno vi dicesse “Smetti un attimo di leggere e raccontami cosa hai fatto oggi” con un tono di voce ed un’espressione del viso pacata, voi probabilmente esaudireste la richiesta ricevuta oppure no, ma senza avvertire particolare contrarietà.

    Se invece il messaggio fosse “SMETTI UN ATTIMO DI LEGGERE E RACCONTAMI COSA HAI FATTO OGGI” con un volume di voce alto, un atteggiamento autoritario e puntandovi un dito contro, forse non sareste molto contenti di essere stati interrotti.
    Nel primo caso, chi parla esprime un’idea della relazione tra lui e voi come una relazione tra pari; nel secondo caso chi parla si rivolge a voi come a un sottoposto, a cui si possono dare ordini.


    E’ importante notare che, mentre i messaggi di contenuto sono espliciti, i messaggi di relazione sono spesso, ma non sempre, impliciti (nascosti o deducibili, non direttamente espressi), inconsapevoli e difficili da riconoscere.

    Potreste essere d’accordo o in disaccordo con ciò che vi viene proposto (di smettere di leggere e di raccontare cosa hai fatto oggi). Se non siete d’accordo lo definiamo  un contrasto, una situazione in cui esiste un disaccordo a livello di contenuto.

    Oppure potreste non essere d’accordo con il fatto che chi parla vi possa dare degli ordini. Solo in questo caso possiamo parlare di un possibile conflitto, una situazione in cui il disaccordo riguarda gli aspetti di relazione.
    conflitti e contrasti
    I contrasti, le differenze di vedute, sono molto diversi dai conflitti. Se il disaccordo si mantiene al livello dei contenuti, le persone coinvolte non perdono la calma e possono mantenere un’armonia relazionale. Fino a questo punto le persone sono perfettamente in grado di comporre le loro differenti e contrastanti esigenze.

    Il disaccordo sul piano dei contenuti  non ci coinvolge in maniera profonda. La situazione è più complicata quando il disaccordo si riferisce al piano della relazione, quando reciproche definizioni negative a livello di identità hanno minato la volontà di collaborare e di mantenere la relazione.

    Quando non si può attaccare il ragionamento, si attacca il ragionatore (Paul Valery)

    Il problema è che, in una discussione, succede spesso che il disaccordo parta dai contenuti, ma in modo inavvertito, senza che le parti in causa ne siano coscienti, coinvolga la relazione.

    Supponiamo di avere una discussione con qualcuno su un qualsiasi argomento: ad esempio se per leggere questo articolo è meglio uno smartphone, un tablet o un computer.

    La discussione può andare avanti a livello di contenuti e fino a qui tutto bene. Fino a che uno dei due interlocutori dice all’altro una frase in un modo che viene interpretato come “ma cosa vuoi sapere tu, sono io che ti insegno su queste cose, impara!”.

    A quel punto la discussione continua, ma l’oggetto si sposta: passa dagli aspetti di cui si stava parlando prima a che è più in gamba tra noi e il nostro interlocutore, a chi ne sa di più. Di solito, né noi né il nostro interlocutore saremo coscienti di aver cambiato l’oggetto della disputa, e saremo convinti di proseguire la discussione di prima.

    Da leggere: 

    Tutti abbiamo assistito ad una disputa accesa tra due persone che, pressappoco, stanno dicendo la stessa cosa. Questo dipende dal fatto che spesso, quando esiste un disaccordo sul piano della relazione, viene manifestato attraverso una disputa sul contenuto. I due contendenti discutono come se avessero opinioni diverse, non si ascoltano e non si capiscono. In questo caso non si tratta di un conflitto tra opinioni, ma di un conflitto di potere in cui ciascuno vuole avere l’ultima parola.

    Recentemente siamo stati a cena da un’amica che ha una figlia adolescente. Questa ragazzina a un certo punto ha detto a sua mamma che sarebbe scesa in strada per parlare con un’amica. Nel dire questo, stava prendendo un cappotto dall’attaccapanni per indossarlo.

    A quel punto la mamma, senza vedere cosa stava facendo la figlia (erano separate da una parete) le ha detto: “Copriti, che fa freddo!”. Nel momento stesso in cui   ha sentito questa raccomandazione, la ragazzina ha posato il cappotto e ha risposto: “Non fa freddo per niente”. A quel punto la mamma ha detto: “Guarda che ci sono 5 gradi”, al che la risposta è stata: “Sono 9 gradi, mettiti gli occhiali!”.

    In pratica, il disaccordo a livello di relazione non era espresso, ma si manifestava a livello del contenuto:

    relazione e contenuto
     

    I messaggi di relazione riguardano la suddivisione del potere. Nella comunicazione interpersonale la dimensione del potere riveste una grande importanza perché spesso le persone vogliono esercitare un’influenza ed un controllo sugli altri. La dimensione del potere, però, raramente viene esplicitata, per questo succede spesso che la negoziazione sul potere avvenga a livello del contenuto.

    Per gestire un conflitto, la strada migliore è quella della metacomunicazione (comunicazione sulla comunicazione):

    1. Esplicitare il passaggio dal piano del contenuto a quello della relazione (“Per cosa stiamo discutendo/litigando?”)
    2. Evitare qualunque riferimento alla dimensione della colpa
    3. Identificare ed esplicitare un’area di interesse comune che veda i due contendenti alleati

    Per gestire positivamente un conflitto occorrono quindi:

    Attribuzioni di significato del destinatario

    In alcuni casi il destinatario può compiere alcuni “errori di ricezione”, in cui il messaggio di relazione viene frainteso e interpretato in modo difforme dalle intenzioni del destinatario:
     
    fraintendimento
     
    I motivi di questi “errori di ricezione” possono essere molteplici:
    • L’idea di sé del destinatario (chi ha di sé un’idea negativa, tende ad interpretare messaggi del tutto neutri come conferme a questa idea)
    • “Pregiudizi” che il destinatario ha sul mittente (So che cosa vuol dire: lo conosco bene!)
    • In alcuni casi, la storia della relazione può rendere verosimile quell’interpretazione
     

    Lo stile personale di gestione dei conflitti

    Un aspetto interessante che riguarda la gestione dei conflitti è lo stile personale con cui ognuno di noi tende a gestirli.

    Nel grafico che segue, e nel test proposto, vengono distinti 5 stili diversi, incrociando il riguardo che si ha nei propri confronti e il riguardo che si ha nei confronti dell’altro.

    Qui trovate il  Questionario sullo stile di gestione dei conflitti, per determinare il proprio stile.

    Stili di reazione al conflitto
     

     

    • Se il riguardo nei propri confronti che nei confronti dell’altro è basso, lo stile che ne deriva porterà ad evitare i conflitti (vedi anche Come farsi valere: la comunicazione assertiva). E’ una posizione pericolosa, perché non affronta e non risolve nessuna questione, e in più genera sensazioni di impotenza e di frustrazione (Io non sono OK, tu non sei OK).
    • Un altro stile disfunzionale è quello che porta a compiacere l’altro, perché il timore di perdere la relazione porta a svalutare anche i propri interessi (Io non sono OK, tu sei OK).
    • L’atteggiamento opposto è quello che porta a competere: questo stile porta a voler vincere, ad ottenere il risultato desiderato anche a scapito dell’altro; il che genera diverse controindicazioni (Io sono OK, tu non sei OK).
    • Cercare i compromesso porta a ricercare una via di mezzo che soddisfi in modo parziale entrambe le parti. Questo stile affronta direttamente il conflitto, ma non in modo così approfondito come accade nel negoziare.
    • Negoziare significa  approfondire il problema, riconoscere la validità di entrambi i punti di vista e esplorare assieme le ragioni del disaccordo allo scopo di trovare una soluzione che soddisfi le parti in causa (Io sono OK, tu sei OK).
    Esplorare le ragioni del disaccordo
     



    Negoziare, il 5° stile descritto, è quello maggiormente risolutivo, ma in circostanze particolari anche gli altri stili possono rivelarsi utili, soprattutto in funzione del tempo a disposizione. Ad esempio, se il tempo è poco, può essere funzionale competere o addirittura evitare. E’ quindi il contesto a determinare efficacia o inefficacia di un comportamento o di uno stile.

    Verso un’ecologia della mente ecologia della mente
    Gestire i conflitti interpersonali. Dal confronto alla collaborazione gestire i conflitti interpersonali
    Quaderno d’esercizi per comunicare senza conflitti con la CNV quaderno esercizi conflitti
    Maria Soldati e Fabrizio Pieroni

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