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Ti piacerebbe lavorare in modo più sereno, aumentando la tua produttività?
 

Qualche spunto utile può derivare dal contributo di David Allen, esposto nel libro Getting Things Done. Il libro tradotto in italiano si intitola “Detto Fatto”.

Il metodo GTD (Getting Things Done), è molto strutturato e complesso, ma si basa su alcune chiare e semplici idee di fondo:

  • spesso cerchiamo di pianificare “cose” che non sono pianificabili
  • quando siamo impegnati nelle nostre attività abbiamo spesso la mente impegnata in mille questioni  diverse: è inutile pensare e ripensare alla stessa cosa molte volte quando non si fanno progressi concreti, per due motivi: 
      1. in questo modo non siamo presenti al 100% in ciò che facciamo, e la nostra produttività decresce
      2. costituisce uno spreco di tempo e di energia, che alimenta l’ansia legata alla sensazione di non star facendo quello che si dovrebbe fare
Lo scopo finale del metodo è quello di avere la mente libera e rilassata, non tanto quello di essere organizzato.
 
 

Detto fatto!

Detto, fatto! L’arte di fare bene le cose: Il metodo GTD – Getting Things Done®

 

Sul primo punto, e sul concetto di cose che non sono pianificabili, occorrono alcune spiegazioni.

 

Per introdurre la distinzione tra pianificabile e non pianificabile, ti invitiamo a prenderti il tempo di fare la seguente esperienza:

  1. Scrivi il progetto o la situazione che ti impensierisce di più in questo momento
  2. Descrivi, sempre per iscritto, con una sola frase il risultato che desideri ottenere come conclusione di questo problema o progetto.
  3. Ora scrivi il prossimo passo che dovrai effettuare per raggiungere il risultato descritto nel punto precedente.
Che effetto ti ha fatto scrivere queste tre frasi? Noi abbiamo proposto questo breve esercizio in molte aule di formazione a persone che svolgevano professioni tra loro molto diverse, e la risposta che più spesso abbiamo ricevuto era che fare questo breve esercizio li aveva sollevati un po’ e aveva diminuito la loro ansia relativa alla questione in oggetto.
 

Sono quindi fondamentali queste due operazioni:

Prefigurarsi l’obiettivo da raggiungere

Per accedere alle vostre risorse, consce e inconsce, dovete avere un’immagine chiara di come si presenterà il risultato.

Il vostro meccanismo creativo automatico opera in base a scopi e risultati finali. Una volta che gli date un obiettivo da raggiungere, potete affidarvi alla sua guida automatica, che vi farà raggiungere il risultato molto meglio di quanto non possiate fare voi stessi usando il pensiero conscio.
Voi fornite l’obiettivo pensando in termini di risultati finali, il vostro meccanismo automatico fornisce i mezzi per raggiungerlo. (Maxwell Maltz)

Determinare il prossimo passo da compiere

La domanda «Qual è il prossimo passo?» fa compiere un passo in avanti all’energia e alla produttività di individui e gruppi. Sarebbe utile farci questa domanda a proposito di tutte le questioni in sospeso.

Per quanto vasto e complesso un problema possa essere, dall’iniziale sensazione di stordimento si esce a piccoli passi. Cominciate dal primo. (George F. Nordeholt)
 

E’ solo dopo aver compiuto queste due operazioni che una “cosa” non pianificabile diventa pianificabile ed inseribile in Agenda.

Sgombrare la mente

Si pensa in continuazione ad una cosa da fare quando:

  1. Non è stato definito con precisione ciò che si vuole ottenere
  2. Non è stato deciso quale sarà il prossimo passo concreto da compiere
  3. Non è stato inserito un promemoria riguardo all’obiettivo e alle azioni da compiere in un sistema affidabile
In definitiva: “Comprare la macchina nuova” è una “cosa” non pianificabile, non inseribile in Agenda; telefonare a quei cinque concessionari per fissare un appuntamento per un preventivo lo è, e si può inserire in Agenda.
 
Riguardo al terzo punto, è importante raccogliere ed organizzare il 100%  delle cose, registrandole con strumenti da tenere a portata di mano, mai a memoria. Questi strumenti possono essere di tipo cartaceo o digitale.
 
Il risultato di affidare ad un sistema affidabile da tenere a portata di mano permette di sgombrare la mente dal pensare e ripensare alle cose da fare: nel metodo GTD, questa è una questione fondamentale.
 

Le liste non vanno usate quando la confusione è diventata insopportabile. Occorre fare di questa tecnica un’abitudine, applicandola a tutte le aree di  interesse (non solo alle più urgenti).Utilizzando questi accorgimenti la mente effettivamente si sgombra, anche se ci sono anche altri modi per ottenere lo stesso risultato, come la pratica della Mindfulness.

Mindfulness: guida pratica per iniziare

Il modello GTD si può utilizzare con l’ausilio di qualunque supporto:

  • cartaceo, tutte le liste vengono redatte e gestite esclusivamente su carta
  • digitale, tutte le liste vengono redatte e gestite esclusivamente in modo digitale
  • ibrido, una via di mezzo dei primi due tipi.
 

Gestione del flusso di lavoro

In pratica, il flusso di lavoro va gestito con questi cinque step:

 
  1. Raccogliamo tutto il materiale che richiede la nostra attenzione
  2. Lo esaminiamo per capire che cosa significa e decidiamo cosa farne
  3. Organizziamo i risultati
  4. Verifichiamo le opzioni per quel che decidiamo di
  5. Fare. Qualunque sistema organizzativo non funziona se si passa tutto il tempo a organizzare i compiti invece di svolgerli effettivamente!
Per dare un’idea più precisa, daremo una descrizione più in dettaglio di queste cinque fasi, e qui viene il difficile.
 

Gestione del flusso di lavoro in dettaglio:

 
  • Arriva nel nostro lavoro un determinato input (mail, lettera, telefonata, colloquio…)
  • Per prima cosa dobbiamo esaminarla per deciderne cosa farne. In particolare: c’è qualcosa da fare oppure no?
  • Se non c’è niente da fare, le possibilità sono tre:
    1. cestinare
    2. inserire nella lista “prima o poi/forse
    3. inserire in Archivio per una futura consultazione
       
  • Nel caso che invece che qualcosa da fare ci sia, occorre chiedersi: si tratta di un azione semplice o di una attività complessa (intendiamo per “attività complessa” qualunque cosa che sia composta da almeno due attività semplici)?
  • Se si tratta di un’attività complessa occorre
    • creare un progetto 
    • definire una pianificazione del progetto  e determinare la prossima azione da compiere. A quel punto, andrà trattata come un’azione semplice.
  • Se si tratta di un’azione semplice, occorre chiedersi: “per portarla a termine, bastano meno di due minuti?
    • Se la risposta è si, allora va sbrigata subito
    • Se la risposta è no, allora ci sono due possibilità:
      1. Delegarla ( e verificare in seguito che sia stata effettivamente eseguita)
      2. Differirla  (Scriverla in Agenda in un tempo preciso o pianificare l’azione al più presto nella lista prossime attività)
 
 
 

Conclusioni

 

Ed ecco in due parole il nostro punto di vista sul metodo GTD: l’intero processo ci sembra un po’ complicato e macchinoso.

Secondo noi è possibile semplificarlo diminuendo il numero di liste (otto ci sembrano troppe) accorpandone alcune. Quali liste sono da accorpare, quali da eliminare, lo deve però decidere la persona che le userà, in base alle proprie specifiche esigenze.
Siamo arrivati a questo punto di vista in base alla nostra personale esperienza, e all’esperienza delle molte persone che abbiamo formato su questo tema.
 

Con queste personalizzazioni pensiamo che il metodo GTD possa fornire spunti di miglioramento reali alla produttività personale di ognuno di noi.

Ancora una cosa, per completezza di informazione. Esistono App e libri (oltre a già citato Detto Fatto!) per aiutare a praticare il metodo GTD con gli smartphone. Li indichiamo come documentazione utile, ma non li abbiamo testati.

Su Google Play si trovano:

 

 

Maria Soldati & Fabrizio Pieroni




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4 Commenti

  1. Christian Gas ha detto:

    Quindi, se ho ben compreso il senso del GTD, si tratta di una dislocazione dell'attenzione da un piano cosciente a un livello subcosciente (probabilmente al di sotto della soglia minima d'attenzione). Vengo al punto, pianifico consapevolmente un'attività e la scompongo nelle sue fondamentali unitarie. Ho sete: 1. vado in cucina 2. apro il frigo 3. prendo l'acqua. 4 bevo.
    Ovviamente il GTD non opera su questioni non-ansiogene come bere.
    Tuttavia opera su questioni mediamente ansiogene cambiando la prospettiva di base da PROBLEMA a SOLUZIONE ovvero incentra l'attenzione subcosciente non più su "ho un problema che non posso risolvere" ma su un più proficuo "Ho una soluzione da operare" e, pianificandola mi rendo conto che il problema non è poi così esasperato. La domanda è: qualora la strategia che decido di operare (e questa è conscia e consapevole perché basata su euristiche logiche) sia fallace e mi porti a una serie di tentate soluzioni controproducenti, la riduzione della componente ansiogena non si traduce in stimolo a non-agire? Non sempre la tensione indotta dall'ansia è deprecabile.

  2. Christian Gas ha detto:

    Quindi, se ho ben compreso il senso del GTD, si tratta di una dislocazione dell'attenzione da un piano cosciente a un livello subcosciente (probabilmente al di sotto della soglia minima d'attenzione). Vengo al punto, pianifico consapevolmente un'attività e la scompongo nelle sue fondamentali unitarie. Ho sete: 1. vado in cucina 2. apro il frigo 3. prendo l'acqua. 4 bevo.
    Ovviamente il GTD non opera su questioni non-ansiogene come bere.
    Tuttavia opera su questioni mediamente ansiogene cambiando la prospettiva di base da PROBLEMA a SOLUZIONE ovvero incentra l'attenzione subcosciente non più su "ho un problema che non posso risolvere" ma su un più proficuo "Ho una soluzione da operare" e, pianificandola mi rendo conto che il problema non è poi così esasperato. La domanda è: qualora la strategia che decido di operare (e questa è conscia e consapevole perché basata su euristiche logiche) sia fallace e mi porti a una serie di tentate soluzioni controproducenti, la riduzione della componente ansiogena non si traduce in stimolo a non-agire? Non sempre la tensione indotta dall'ansia è deprecabile.

  3. Fabrizio Pieroni ha detto:

    Ciao Christian,
    Grazie per il tuo commento.
    Quello che penso riguardo alla questione che sollevi è questo:
    – una strategia fallace ha comunque spostato dal provare ansia all'azione. E' nell'ordine delle cose che molti nostri tentativi non funzionino, ma noi, in gran parte, procediamo per tentativi ed errori. E, nella mia esperienza, non è l'errore che porta all'inazione, ma è l'inazione stessa che crea circoli viziosi;
    – sono d'accordo con te sul fatto che l'ansia possa avere una funzione positiva, è una delle nostre dotazioni di base! Ma un conto è provare un po' di ansia, un conto è l'ansia dovuta al non sapere da dove cominciare o dalla paura di dimenticare qualcosa: in questi casi ci porta a pensare sempre alle cose da fare in modo improduttivo, allontanando la nostra mente da quanto stiamo facendo.

  4. Fabrizio Pieroni ha detto:

    Ciao Christian,
    Grazie per il tuo commento.
    Quello che penso riguardo alla questione che sollevi è questo:
    – una strategia fallace ha comunque spostato dal provare ansia all'azione. E' nell'ordine delle cose che molti nostri tentativi non funzionino, ma noi, in gran parte, procediamo per tentativi ed errori. E, nella mia esperienza, non è l'errore che porta all'inazione, ma è l'inazione stessa che crea circoli viziosi;
    – sono d'accordo con te sul fatto che l'ansia possa avere una funzione positiva, è una delle nostre dotazioni di base! Ma un conto è provare un po' di ansia, un conto è l'ansia dovuta al non sapere da dove cominciare o dalla paura di dimenticare qualcosa: in questi casi ci porta a pensare sempre alle cose da fare in modo improduttivo, allontanando la nostra mente da quanto stiamo facendo.

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