Comunicare bene: cosa significa?

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Nel comunicare, gli esseri umani si modificano e si influenzano a vicenda.

La comunicazione è la ricerca di un effetto sugli altri e, contemporaneamente, espressione di sé .

  1. Comunicando si producono effetti sull’interlocutore,con cognizione di causa o “per sbaglio”Comunicando voglio raggiungere qualcosa, provocare qualcosa: per esempio consolare qualcuno, tenerlo di buon umore, motivarlo, offenderlo, fargli una buona impressione…
  2. Ma, allo stesso tempo, la comunicazione è espressione di noi stessi, nasce dall’aspirazione al mantenersi reciprocamente al corrente di ciò che sta accadendo dentro di noi. Espressione di sé e partecipazione sono esigenze vitali dell’uomo.

Tutto il problema della vita è questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri. (Cesare Pavese)

Comunicare: l’espressione di noi stessi e gli effetti sugli altri

Nei nostri comportamenti comunicativi sono quindi presenti entrambi questi aspetti e, a seconda delle situazioni, tendiamo a privilegiare ora l’uno ora l’altro.

Un problema fondamentale della comunicazione interpersonale è dato dal fatto che comporta contemporaneamente espressione ed effetto, e che sia mittente sia destinatario si trovano a scegliere su quale aspetto orientarsi. La comunicazione è una costante ricerca di compromesso tra queste due esigenze, e l’equilibrio tra questi due poli crea la riuscita della comunicazione.

Esempio: un bambino cade e si fa male, e manifesta il suo dolore piangendo; il pianto (espressione di sé) è allo stesso tempo un mezzo ottimale per l’effetto sugli altri desiderato: allarmati, i genitori si precipitano a prendersi cura di lui.
Spesso, però, espressione ed effetto non si trovano in questa situazione di equilibrio. Un bambino impara presto che la sola manifestazione del dolore a volte non basta per ottenere tutte le attenzioni che vorrebbe, e quindi impara a strillare come un dannato al più piccolo “incidente”.
In questo caso, l’espressione di sé è “inquinata” da un’esasperata ricerca dell’effetto voluto. 

Col tono giusto si può dire tutto, col tono sbagliato nulla: l’unica difficoltà consiste nel trovare il tono. (George Bernard Shaw)



La ricerca dell’effetto può spingere a nascondere  certi sentimenti (per esempio tristezza e dolore), a causa dell’effetto negativo che producono sugli altri, e, in questo caso,  il «buon viso a cattivo gioco» diventa un atteggiamento abituale.

Nessuno al mondo comunica orientandosi esclusivamente sull’espressione o sull’effetto, ma su una combinazione dei due. 
Descriviamo comunque le due posizioni estreme:

  1. Il mittente orientato sull’espressione mira a esprimere ogni cosa che è in lui e non punta a ottenere un determinato effetto.
  2. Il mittente orientato sull’effetto, al contrario, si domanda sempre, in parte consciamente in parte no, «Che cosa voglio ottenere o impedire?» e cerca di conseguenza di strutturare la sua comunicazione in maniera ottimale in vista dello scopo. 

Da leggere:

Come farsi valere: la comunicazione assertiva
Persuasione e comunicazione


Il mittente orientato sull’effetto mette in conto che la comunicazione possa non essere veritiera, mentre con l’orientamento sull’espressione la concordanza e la verità diventano i criteri decisivi.

Per il destinatario è fondamentale conoscere l’orientamento del mittente:

  • Il mio interlocutore sta piangendo semplicemente perché è triste, oppure esibisce il suo dolore per raggiungere i suoi scopi con mezzi emotivi? 
  • Il mio capo si sta complimentando con me perché è davvero soddisfatto del mio rendimento, o lo fa per mettere in atto qualche tecnica di motivazione? 

Da ciò non si deve però dedurre, semplificando, che comunicare bene significhi che la comunicazione orientata sull’espressione di sé sia la migliore, la più onesta, né che quella orientata sull’effetto sia falsa e manipolativa . Ciascuno dei due criteri ha una sua giustificazione, e trascurare uno dei due può essere dannoso.

  • Chi privilegia l’espressione di sé senza preoccuparsi di ciò che provoca negli altri agisce in un modo che viene percepito poco responsabile, e ciò viene scontato in termini di una scarsa influenza sugli altri.
  • Chi è orientato solo sull’effetto si estrania da sé e dagli altri, e ciò viene scontato dal sorgere, nell’interlocutore, di domande e di dubbi: “Perché ora mi sta dicendo questo?”, “Sarà vero, o lo dice solo per…”

L’impegno per una buona comunicazione va in direzione della creazione di compromessi: «Vorrei dire che cosa mi fa arrabbiare (= espressione), ma senza ferire gli altri (= effetto)».

Parlare insieme

Due tipi di formazione sulla comunicazione.

Sulla base della distinzione vista fino ad ora, si possono dividere gli interventi formativi nel campo della comunicazione in due campi: il primo che potenzia la competenza espressiva, il secondo che fa lo stesso per quella relativa all’effetto.

  • Per competenza nell’effetto si intende comunicare in modo che gli effetti sugli altri vengano ottenuti con efficacia: ne sono un esempio alcuni corsi di motivazione, di persuasione e di vendita.
  • Al contrario, i corsi che vogliono tendenzialmente sviluppare la competenza espressiva sono più orientati verso la consapevolezza, l’orientamento ai valori e la crescita personale. In questo caso si tratta di recepire che cosa accade in me, di prestare attenzione ai segnali del corpo,  di parlare con autenticità.

Io credo questo: quando mi esprimo senza voler ottenere un effetto, lo sto già ottenendo (Ruth Cohn)

Secondo questa idea di base i nostri training comunicativi nel corso del tempo hanno assunto sempre più un orientamento verso l’espressione di sé, anche se spesso questa impostazione non incontra le aspettative delle persone che si iscrivono ai corsi, per lo meno le aspettative iniziali.

Provenendo da ambienti professionali in cui è importante “vendersi bene”,  queste persone si aspettano di imparare trucchi e abilità per controllare in ogni momento le diverse situazioni.

D’altro lato esiste nelle persone una profonda aspirazione ad un’aperta comprensione tra le persone e una certa stanchezza rispetto alla continua e stressante competitività fatta dal mettersi in mostra, dal servirsi di tattiche, dal manipolare. 

Per concludere, ai fini di un allineamento personale, ciascuno deve trovare un equilibrio tra l’orientamento d’espressione e quello d’effetto. 
Questo equilibrio potrebbe ad esempio consistere nella esplicitazione chiara di ciò che ci si aspetta dal nostro interlocutore. Questo spunterebbe l’arma della pressione manipolatoria dell’effetto.

La competenza comunicativa si fonda più sulle qualità umane che su tecniche o abilità dialettiche, e su un’adeguata visione del mondo e del rapporto con gli altri: l’allineamento tra la nostra comunicazione, il contesto e le proprie istanze interiori determina una congruenza tra lo stato interiore e il comportamento esteriore.

In questo, giocano un ruolo fondamentale la consapevolezza di se stessi, del proprio stato d’animo, di quello dell’interlocutore… Tutto ciò prevede un certo impegno, in direzione di conoscere ed accettare se stessi e le proprie parti in ombra in direzione di un possibile miglioramento.

Firma BMaria Be BFabrizio

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