Perché qualcuno crede alle cose più strane?
Il mondo è bello perché è vario: e vari sono i modi con cui ce lo rappresentiamo. Ci sono persone convinte di cose stranissime, il web ne è pieno.
La PNL sostiene che La mappa non è il territorio.
Ognuno di noi si crea una rappresentazione della realtà, che è in relazione con la realtà come una mappa è in relazione con il territorio che rappresenta. Quanto al grado di verità, le mappe si equivalgono: nessuna è più vera di un’altra, si tratta di rappresentazioni più o meno “a fuoco”, più o meno precise.
Le cose stanno diversamente riguardo alle conseguenze pratiche di aderire ad una visione del mondo o ad un’altra. La mappa del mondo di Adolf Hitler, ad esempio, lo ha portato a mettere in atto comportamenti che si sono rivelati estremamente dannosi, per lui e per gli altri.
La nostra mappa ci aiuta a spiegarci quello che ci circonda, comprese contraddizioni, stranezze e misteri. Il bisogno di spiegarsi il mondo in cui viviamo spinge talvolta ad adottare sistemi di credenze assurde.
La stranezza di certe visioni delle cose non impedisce loro di essere, comunque, credute fermamente.
Pensiamo, ad esempio, al suicidio di massa di Jonestown (Guyana) nel 1978. In quell’occasione diverse centinaia di persone obbedirono alle indicazioni del loro capo carismatico, il reverendo Jim Jones, che vide nel suicidio in contemporanea dei membri della sua setta non si sa cosa di positivo e di salvifico.
Fece distribuire molte razioni di una bevanda avvelenata e convinse i presenti ad uccidersi. Forse il reverendo era disturbato da un punto di vista psichico, e alcuni dei suoi seguaci furono “aiutati” a suicidarsi dai membri più convinti.
Comunque molti (e non tutti pazzi) compirono quel gesto con grande convinzione anche se, verosimilmente, non riuscirono a capirne il senso.
Che cosa li convinse a fare qualcosa che non capivano e a cui, da soli, non avrebbero mai neppure pensato?
Una volta giunti a una soluzione per il successo della quale abbiamo pagato un prezzo piuttosto caro in termini di angoscia e aspettative, investiamo così tanto in questa soluzione che preferiremmo deformare la realtà per adattarla alla nostra soluzione piuttosto che sacrificare la soluzione a favore di quanto non può essere ragionevolmente ignorato (Paul Watzlawich, La realtà della realtà)
In pratica, teniamo molto a tenerci stretto quanto abbiamo imparato e ci è costato fatica, anche quando l’evidenza dei fatti ci suggerirebbe di lasciarlo. Questo concetto è stato approfondito da Leon Festinger con la teoria della dissonanza cognitiva. Una bella metafora di questo atteggiamento è la seguente:
Da qualche parte nei tropici le scimmie vengono catturate in questo modo: si lega strettamente al suolo una calabaza (zucca oblunga svuotata e lavorata in modo da servire come boccale) e vi si mette dentro un frutto di cui le scimmie sono particolarmente golose. L’apertura della calabaza è larga esattamente quanto basta perché la scimmia possa raggiungerne l’interno. Ma quando ha preso il frutto, non può più ritirare attraverso l’apertura la sua mano con il frutto. Per essere di nuovo libera basterebbe che lasciasse andare l’esca e tirasse fuori la mano; ma la sua avidità non glielo permette. Così diventa prigioniera di se stessa perché, mentre lei è incapace di lasciare il bottino e di scappare, arrivano i cacciatori e le gettano sopra una rete. (Paul Watzlawick, Il linguaggio del cambiamento)
Teoria della dissonanza cognitiva
Nel post Pensiamo con la nostra testa? avevamo riportato la seguente osservazione:
In effetti le spiegazioni strane, soprannaturali e comunque inusuali hanno un fascino particolare. Se incontriamo un conoscente poco dopo aver pensato a lui, è più bello pensare alla chiaroveggenza che ad un semplice caso. Le persone si ricordano più facilmente delle coincidenze che si avverano, dimenticando tutte le volte che abbiamo pensato a qualcuno senza incontrarlo subito dopo.
Il complotto ci fa delirare perché ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità (Pier Paolo Pasolini)
A volte si sentono persone che credono a rimedi bizzarri, senza nessun valore scientifico, e lo giustificano dicendo: “Sarà, ma una volta avevo una forte influenza, ho preso X e mi è passata. Con me funziona”.
Occorre ricordare che la maggior parte delle malattie tendono alla remissione spontanea, e magari non c’è nessun legame tra l’aver preso X e la remissione della malattia: non sempre la successione temporale implica una relazione di causa-effetto. Ma se io mi sono convinto, X avrà per me un effetto placebo (profezia che si autoavvera).
Il pensiero magico è suggestivo anche perché fa balenare i risultati desiderati a portata di mano, senza difficoltà, liberando dalla fatica e dall’impegno.
Perdere peso richiede impegno: occorre osservare una dieta, fare attività fisica… meglio credere a chi vende quella pillola che promette di farmi perdere peso senza fatica.
Risolvere i propri impegni sentimentali e relazionali richiede impegno e la disponibilità a mettersi in discussione e a soffrire: meglio farsi togliere il malocchio, che costa solo un esborso monetario.
In questo modo si spiegano i successi commerciali di Wanna Marchi e simili: basta pagare, e a tutto il resto ci pensa lei.
Sono un grosso stimolo all’invenzione anche i fatti che non si riescono a spiegare: di fronte a questi, c’è sempre qualcuno che sostiene di sapere con certezza cosa e come è successo. E il loro messaggio è: “diventa mio seguace, mio fan, mio follower, e ti rivelerò segreti che la maggior parte delle persone non conosce, e non sospetta nemmeno lontanamente. Non solo: ti metterò in condizione di non essere succube di questi complotti. Conoscendoli potrai fronteggiarli e farai parte di una élite di sapienti in grado di resistere alla manipolazione e al controllo mentale”.
Un esperimento condotto nel 1954 dallo psicologo Leon Festinger evidenzia l’attaccamento alle teorie più strampalate: Festinger si era unito ad una setta di Chicago, creata da Dorothy Martin, che affermava di comunicare con gli alieni.
Gli alieni avevano comunicato a Dorothy Martin che la notte del 21 dicembre di quell’anno il mondo sarebbe finito, ma i seguaci della setta sarebbero stati salvati e trasportati su astronavi aliene verso un mondo migliore. I seguaci ci credevano fermamente, tanto che molti vendettero le loro proprietà e si licenziarono, aspettando tutti insieme l’arrivo delle astronavi che, ovviamente, non avvenne.
Festinger era lì con loro, con l’intenzione di studiare le reazioni di un individuo o di un gruppo a cui viene dimostrato, con prove concrete, che ciò in cui crede è falso.
Dopo un iniziale smarrimento, arrivò qualcuno con un messaggio dagli alieni. Il mondo era stato salvato grazie alla forza spirituale del gruppo.
Ci sarebbe stato da aspettarsi che, verificata l’inconsistenza delle presunte comunicazioni degli alieni, i seguaci potessero ricredersi. Ma prendere semplicemente atto di ciò che era successo sarebbe costato loro molto caro: avrebbero dovuto ammettere davanti a se stessi che per anni avevano dato credito a favole, avrebbero dovuto dare ragione ad amici e parenti quando sostenevano che gli alieni non c’erano, e che comunque non erano in contatto con la loro leader…
Piuttosto che ammettere tutto questo e quanto erano stati creduloni, hanno preferito alzare la posta e dare credito all’ennesimo messaggio, secondo cui avevano salvato il mondo.
Da quel momento in poi, i membri della setta, che inizialmente non facevano proselitismo, si lanciarono in una frenetica attività di reclutamento di nuovi adepti, rafforzati nel loro credo, a dispetto delle prove contrarie.
Cosa possiamo imparare da tutto questo?
- In primo luogo a diffidare dei culti esotici e strani, dei segreti rivelati, a chi sostiene di rivelare “quello che nessuno vi dirà”. A esercitare il pensiero critico.
- In secondo luogo a mettere in discussione le premesse da cui partiamo, le nostre convinzioni più profonde.
- Inoltre, è importante essere consapevoli che la successione temporale fra due eventi non significa che il primo evento causi il secondo. Possono essere correlati, ma anche non esserlo.
La ricerca della soluzione “magica”
Bisogno di certezze alla base della spiritualità New Age