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Alberto mi fa proprio arrabbiare.
Quel tipo di comportamento mi irrita.
Daniele ha il potere di deprimermi.
Marta mi mette sempre di buon’umore.

Il nostro stato d’animo

Frasi di questo genere sono molto comuni, siamo molto abituati ad attribuire agli altri la responsabilità dei nostri stati d’animo.

E il senso comune sembra confermare questo modo di vedere le cose: il mio capo ha un carattere impossibile, io arrivo al lavoro di buon’umore e appena ho a che fare con lui mi irrito o mi arrabbio.

Ma proviamo ad approfondire la questione. L’effetto dell’interazione con il mio capo è sempre lo stesso? No. L’effetto è maggiore se non sono in gran forma, e meno importante se mi sento ok. Quindi la mia reazione emotiva sembra avere a che fare più con me, che con il mio capo.

Oppure pensate a quello che succede in una candid camera: viene fatto uno scherzo, o comunque viene proposta una situazione insolita, ad una quantità di persone. Questo permette di osservare molte reazioni diverse: chi si spaventa, chi si arrabbia, chi si diverte….

 

E fino a qua possiamo commentare: si tratta di persone diverse, è logico che abbiano reazioni diverse. Ma il passo concettuale successivo è che non esiste nessuna situazione, nessuna interazione che obblighi ad avere una e una sola risposta.


Quattro miti analisi transazionale

In un certo senso ognuno di noi “sceglie” quale reazione avere.  Se io attivo i pensieri e i processi mentali propri di chi si arrabbia, o di chi si diverte, posso arrabbiarmi e divertirmi anch’io.
Le nostre reazioni emotive dipendono da noi, dai significati che attribuiamo, da ciò che abbiamo imparato.

Questo non significa che siamo completamente liberi di avere le reazioni che preferiamo: significa però che le nostre reazioni dipendono da noi, e che è inutile e dannoso attribuirle agli altri.

Nessuno può farti sentire inferiore se tu non glielo consenti (Eleanor Roosvelt)

Il causa- effetto: mettere in relazione causale il comportamento di una persona e lo stato d’animo di un’altra.

In PNL questo modo di mettere in relazione gli eventi si chiama Causa-Effetto, e nel libro “La struttura della magia” Bandler e Grinder lo definiscono come il mettere in una relazione di causa effetto il comportamento di una persona e lo stato d’animo di un’altra.

struttura-magia

La struttura della magia

Il pensare in termini di causa effetto è distruttivo nelle relazioni:

  • colpevolizza l’interlocutore, provocando una reazione negativa
  • rende impossibile qualunque progresso

Infatti, possiamo migliorare solo le situazioni in cui pensiamo di poter incidere. Ritenere che qualcosa non dipenda da noi e che non possiamo farci nulla ci conduce all’impotenza.

E’ senz’altro sbagliato dire a qualcuno: “Questo tuo comportamento mi fa arrabbiare”.
E’ molto più efficace e aderente alla realtà dire: “Di fronte  a questo tuo comportamento io mi arrabbio”.

Se X mi fa arrabbiare, allora io non posso fare niente: se X ha questo potere su di me, gli basta innescare lo stimolo e riuscirà immediatamente a modificare il mio stato interiore.
Se sono io che mi arrabbio, allora dipende da me: posso decidere, questa volta, di non arrabbiarmi e di fare qualche cosa d’altro.

Sembrano sfumature, ma  può fare molto bene a noi stessi e alle nostre relazioni.

Nessuno può farci arrabbiare o farci gioire, né indurre in noi una qualche emozione: le persone intorno a noi possono fornirci degli stimoli, ma  la nostra reazione emotiva dipende da noi.

Se siamo vittime del causa effetto, la nostra vita emotiva è un terno al lotto: spero di non incontrare X, che mi fa arrabbiare; mi auguro poi di non aver a che fare con Y, che mi deprime…

Al contrario, la nostra vita emotiva dipende da noi, e dobbiamo imparare a considerare la nostra vita emotiva come qualcosa di cui abbiamo la responsabilità e la possibilità di una scelta.

superare il causa-effetto
 

La nostra reazione emotiva viene costruita in tre fasi successive, di cui, di solito, non siamo consapevoli:

  • Percepire qualcosa (vedere un’espressione del viso, sentire una frase)
  • Interpretare qualcosa (interpretare un’espressione del viso come sprezzante, o una domanda come una critica)
  • Provare qualcosa (rispondere con un’emozione a quanto si è percepito e interpretato)

Di solito non siamo abituati a distinguere queste tre fasi: le percepiamo come un tutto unico.

Per esempio: una donna espone al marito alcuni progetti personali. Lui aggrotta appena la fronte e lei lo aggredisce: “Non fare subito quella faccia!”

1. PERCEPIREVedo come aggrotti la fronte
2. INTERPRETAREPresumo che non ti piaccia quello che ho in mente
3. PROVARESono delusa e arrabbiata, speravo nel tuo appoggio

Perché è importante distinguere queste tre fasi?

Per avere chiaro che le nostre reazioni sono appunto nostre, dipendono da componenti che sono assolutamente soggettive e personali, e delle quali possiamo assumerci la responsabilità.

Nel secondo step è possibile intervenire: evitando interpretazioni rigide e univoche, possiamo generare varie altre possibilità. E questa varietà è alla base della nostra libertà.

molte interpretazioni, molte possibilità
Approfondimenti:
 
 
Maria Soldati e Fabrizio Pieroni
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