
Molte volte non è difficile capire quale sia la decisione giusta: il problema è che mettere in pratica quella decisione costa fatica, richiede un impegno che non siamo del tutto convinti di volerci assumere. Di conseguenza ci appaiono come decisioni difficili da prendere.
Alcuni esempi di situazioni del genere, di maggiore o minore difficoltà:
- terminare una storia d’amore esaurita
- iniziare un’attività professionale in proprio
- iscriversi ad un corso di studi impegnativo
- iniziare a fare attività fisica
- tuffarsi se si ha paura che l’acqua sia fredda (problema minimo, ma la struttura è la stessa)
Prendiamo per buoni questi obiettivi, partiamo dal presupposto che corrispondano veramente al sistema di valori della persona che se li pone. In questi casi, il problema non consiste nella presa di decisione, nello scegliere un corso d’azione piuttosto che un altro. La decisione giusta è chiara, ma il problema consiste nella difficoltà nel mettere in atto questa decisione.
Il conflitto interiore che intrappola nella zona di confort
Prendiamo in considerazione il primo esempio: in una storia sentimentale esaurita, uno dei partner è convinto che sia arrivato il momento di mettere la parola fine. Ma supponiamo che l’altro partner non sia di questo avviso, e voglia continuare la storia, convinto che le cose miglioreranno in futuro. Una situazione comunissima, quindi.
La situazione che vive il partner che vorrebbe terminare la storia può rivelarsi molto problematica. E’ difficile a causa di:
- paura di fare del male al partner, di fargli un torto
- paura della sua reazione
- paura dei passi già intrapresi in precedenza:
- relazione con i familiari del partner
- gli amici che ti considerano membro di una coppia consolidata
- aspettative dei tuoi familiari sullo sviluppo della tua relazione
- problematiche che derivano da eventuali figli
- abitudine
Tutte queste paure esercitano una continua pressione, e portano la persona a:
- sabotare la propria motivazione all’obiettivo (è impossibile raggiungerlo, è troppo doloroso, è meglio aspettare…),
- scendere a compromessi su ciò che conta davvero;
e simili considerazioni potrebbero essere estese a tutti gli altri esempi.
Tra vent’anni sarai più infastidito dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. Perciò molla gli ormeggi, esci dal porto sicuro e lascia che il vento gonfi le tue vele. Esplora. Sogna. Scopri. (Mark Twain)
In queste situazioni potrebbe spesso farsi strada la tentazione di rinunciare, nella speranza che la situazione personale migliori per magia. Purtroppo però questo non accade: la nostra situazione futura è funzione delle nostre azioni di oggi.
Ecco come potrebbero essere esemplificate situazioni di questo genere:
Tendiamo a rimanere in questa specie di bolla che è la nostra zona di confort, una porzione di mondo che conosciamo bene e al cui interno ci muoviamo con disinvoltura. Ma non rimaniamo nella zona di confort perché ci stiamo bene: ci vogliamo rimanere per evitare di stare male.
Per essere più precisi: nella zona di confort soffriamo eccome, ma è una sofferenza che conosciamo, che non ci spaventa più di tanto, che pensiamo di riuscire a gestire.
Le persone che per qualche motivo sono angosciate a volte preferiscono un problema che è loro familiare piuttosto di una soluzione che non lo è per nulla (Neil Portman)
Siamo quindi spinti e motivati da una ricerca di sicurezza. Peccato che, a detta di molti, la qualità della nostra vita sia direttamente proporzionale con la quantità di incertezza con la quale riusciamo a convivere.
Da leggere:
Conflitti interiori: ricerca di sicurezza vs. ricerca di novità
Quegli obiettivi che non danno soddisfazione
Russ Harris, un Autore che abbiamo citato molte volte, racconta a questo proposito una bella metafora:
Sei su una barca, e sottocoperta c’è una frotta di demoni spaventosi, che salgono solo quando punti verso riva: finché la barca vaga senza meta in mezzo al mare, stanno nascosti nella stiva. Per cui tu, dopo aver puntato verso riva, torni a dirigerti verso il mare aperto per farli scendere sottocoperta e non vederli più.
Ma ti annoi a vagare senza meta, perché in realtà tu vorresti andare a terra. Così un giorno ti fai coraggio e giri il timone verso terra, e tutti i demoni escono allo scoperto per spaventarti.
Ma se i demoni sono bravissimi a spaventarti, in realtà non ti fanno del male: perché non possono. Il loro unico potere è farti paura. Quando ti renderai conto di questo, sarai libero, e potrai dirigere la barca dove vorrai – a patto che tu sia disposto ad accettare la presenza dei demoni. Piano piano ti abituerai ad essi, e chissà, forse a qualcuno ti affezionerai a forza di vedertelo attorno.
Se invece non sei disposto a tenere intorno a te questi demoni, se vuoi tenerli a tutti i costi sottocoperta, la tua unica possibilità è continuare ad andare alla deriva.
I demoni (pensieri, emozioni, impulsi, immagini) continueranno a comparire ogni volta che orienterai la tua vita in una direzione per te importante. Perché? Perché la mente dei nostri antenati aveva un imperativo: non farsi uccidere! E una condizione importante a questo fine era conoscere il proprio ambiente. Avventurandoti in territori sconosciuti, ci si esponeva ad ogni sorta di pericolo.
Se, per quanto i demoni possano minacciarti, continuerai a dirigere la barca verso terra, molti di loro si renderanno conto di non avere effetto e rinunceranno, e a quelli rimasti, dopo un po’, ti abituerai.
Ora chiediti:
- Cosa farei di diverso se le emozioni e i pensieri dolorosi non fossero più un ostacolo?
- Quali progetti o attività comincerei (o continuerei) se il mio tempo e le mie energie non fossero consumati dalle emozioni disturbanti?
- Che cosa farei se la paura non fosse più un problema?
- Che cosa cercherei di fare se il pensiero di fallire non mi scoraggiasse?
Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile. (San Francesco d’Assisi)
Le emozioni non controllano il comportamento
Un’emozione si potrebbe definire una «tendenza ad agire», e in questa frase la parola chiave è «tendenza».
Significa che siamo inclini a fare una certa cosa, ma non che dobbiamo farla. Se temi di far tardi, potresti avere la tendenza a superare i limiti di velocità in automobile, ma, se vuoi, puoi scegliere di continuare a rispettare codice e norme di sicurezza.
Puoi essere spaventato ma agire ugualmente. Il coraggio è la capacità di agire in presenza della paura.
Se, in una regione selvaggia, ti imbatti in un grizzly, ovviamente proverai molta paura, e avrai l’impulso di girarti e metterti a correre. Ma se avrai letto un manuale di sopravvivenza, saprai che, così facendo, stimolerai l’istinto di caccia dell’orso. Ciò che devi fare è indietreggiare lentamente, non fare movimenti improvvisi o rumori forti e non dare mai le spalle all’orso.
Molte persone sono sopravvissute seguendo questi consigli. Tutte avevano una paura terribile – che in buona parte era fuori del loro controllo – ma sono riuscite a controllare il loro modo di agire.
Anche se non hai molto controllo diretto sulle tue emozioni, puoi controllare direttamente le tue azioni.
Immagina che si presentasse alla tua porta una parente lontana, mai vista prima. E ti fossero state raccontate molte brutte storie su di lei. La vorresti in casa? Naturalmente no. Ma se queste storie fossero state inventate? L’unico modo che hai per scoprirlo è ignorare le maldicenze e passare un po’ di tempo con lei.
Imparare a trattare le emozioni spiacevoli è un po’ la stessa cosa: devi sperimentarle direttamente, connetterti direttamente ad esse, anziché prendere per vere le storie che la tua mente ti racconta.
Porto addosso le ferite di tutte le battaglie che non ho combattuto. (Fernando Pessoa)
Rifuggire qualcosa che ci fa paura, procrastinare continuamente il momento di affrontarlo fa ingigantire la paura stessa: affrontarla guardandola in faccia la ridimensiona, e genera il coraggio che occorre per affrontarla, lasciandoci liberi.