Il dialogo interno

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Quante volte i nostri pensieri ci infastidiscono?
  • Perché proprio a me?
  • Perché mi accadono solo cose negative?
  • Perché mi sento sempre così triste?
  • Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?
Questo dialogo interno è una rappresentazione uditiva interna che ha la caratteristica di essere indipendente dalla volontà cosciente della persona. In pratica, noi non abbiamo nessun controllo su ciò che ci dice.

Se qualche volta le parole di questo critico interno vi hanno fatto preoccupare, tranquillizzatevi: come vedremo, avere un dialogo interno negativo non dimostra che avete qualcosa che non va, ma solo che siete normali esseri umani.
 
 

Questa modalità di pensiero non conduce alla ricerca di soluzioni, non aiuta a guardare al futuro e a seneca

sviluppare strategie per affrontare i problemi e le difficoltà, ma tiene la nostra attenzione continuamente rivolta ad un passato che non ci piace e che vorremmo cancellare o ad un futuro che ci preoccupa.

In questo modo si crea un circolo vizioso, e i nostri pensieri contribuiscono a creare una realtà che non ci piace e che ci rende infelici, con il meccanismo della “profezia che si auto avvera”.

Spesso il dialogo interno passa inosservato e risulta del tutto inconsapevole. Ma se una persona è allenata a riconoscere i propri pensieri, può osservare ripetutamente che il dialogo interno precede qualunque risposta emotiva. Una possibilità per rendere consapevoli questi pensieri consiste nell’impegnarsi nel ricordare i pensieri che si avevano in mente e le parole che abbiamo rivolto a noi stessi prima di ogni sensazione spiacevole.

 

Il dialogo interno accompagna spesso sensazioni negative e situazioni per noi problematiche, come nella seguente storiella, riportata da Paul Watzlawich in “Istruzioni per rendersi infelici”:
 
 
Un uomo vuole appendere un quadro. Ha il chiodo, ma non il martello. Il vicino ne ha uno, così decide di andare da lui e di farselo prestare. A questo punto gli sorge un dubbio. E se il mio vicino non me lo vuole prestare? Già ieri mi ha salutato appena. Forse aveva fretta, ma forse la fretta era soltanto un pretesto ed egli ce l’ha con me. E perché?  Io non gli ho fatto nulla, è lui che si è messo in testa qualcosa. Se qualcuno mi chiedesse un utensile, io glielo darei subito. E perché lui no? Come si può rifiutare al prossimo un così semplice piacere? Gente così rovina l’esistenza degli altri. E per giunta si immagina che io abbia bisogno di lui, solo perché possiede un martello. Adesso basta!
E così si precipita di là, suona, il vicino apre, e prima ancora che questo abbia il tempo di dire “Buon giorno”, gli grida: “Si tenga pure il suo martello, villano!”
 
Il botta e risposta con se stesso del protagonista della storiella finisce per creare un bel guaio, ed è un ulteriore esemplificazione di quel presupposto della PNL secondo cui le persone reagiscono non alla realtà, ma Le emozioni in funzione delle nostre rappresentazionialla propria percezione della realtà.

Una volta assodato che il dialogo interno esiste, e che spesso ci crea dei problemi, cosa possiamo fare?

 

Il Pensiero Positivo suggerisce di fare Affermazioni Positive. Secondo questo punto di vista, occorre scegliere consapevolmente frasi e termini che rendano positivo il nostro linguaggio con l’obiettivo di trasformare anche i nostri pensieri.

Esempi di affermazioni positive possono essere: io mi amo e mi accetto così come sono, io merito di essere amato/a, io sono un essere meraviglioso. Viene suggerito di scrivere queste frasi e di ripeterle molte volte. Come argomenteremo più avanti, siamo piuttosto scettici su questo tipo di approccio.

Funzionano le affermazioni positive?

 

Don Juan, lo sciamano raccontato da Carlos Castaneda, afferma in diverse occasioni che un Guerriero deve imparare a far tacere il suo dialogo interiore, e che solo allora tutto diventa possibile.

Noi crediamo che far tacere il proprio dialogo interiore, così come cercare di modificarlo in positivo, siano solo delle pie illusioni, e cercheremo di spiegare perché. Pensiamo comunque che l’esperienza diretta di chi legge possa confermare questo nostro scetticismo: dopo innumerevoli percorsi di crescita personale e tecniche di tutti i tipi, il dialogo interno continua ad esistere e a darci fastidio.

Epitteto

Tecniche di neutralizzazione

 
In PNL esistono diverse tecniche di neutralizzazione, che possiamo utilizzare per diminuire l’impatto del dialogo interno sulla nostra vita. Si tratta di tecniche basate sulla manipolazione delle sotto modalità. Ad esempio, puoi:
  • Puoi scrivere i tuoi pensieri su un pezzo di carta, poi puoi disegnare una persona stilizzata e farne un fumetto, come se i pensieri uscissero dalla testa della persona che hai disegnato.
  • Puoi usare un computer (o solo immaginarlo) per scrivere i tuoi pensieri, e giocare modificando il font e i colori. Poi puoi aumentare la distanza tra le parole, oppure incollarle le une alle altre, o andare a capo ad ogni parola. Nota quale effetto fanno le modifiche, è più facile vedere che sono solo parole?
  • Immagina che i tuoi pensieri siano parole su uno schermo per il karaoke. Puoi immaginarti su un palco che canti seguendo le parole sullo schermo.
  • Immagina i tuoi pensieri come fossero scritte:
    • In lettere colorate e fantasiose sulla copertina di un libro per bambini
    • Con una grafica elegante sul menu di un ristorante
    • Con la glassa sopra una torta di compleanno
    • Con il gesso su una lavagna
    • Come slogan su una maglietta di qualcuno che fa jogging
  • Ripeti a te stesso il tuo pensiero con una voce buffa (personaggio dei cartoni, stella del cinema, cronista sportivo, voce con un forte accento straniero)
  • Ripetilo con la massima lentezza possibile e poi a tutta velocità.
  • Canta i tuoi pensieri, ad esempio sull’aria di «tanti auguri a te».

Compiti paradossali

 

I pensieri negativi ricorrenti possono venire gestiti anche attraverso quelle tecniche che vengono comunemente definite “prescrizione del sintomo”.

Secondo questo punto di vista, il problema si regge sulle “tentate soluzioni” della persona e di chi gli sta intorno che, piuttosto che risolvere la questione, finiscono per retroagire sul problema complicandolo.

Una persona che ha un problema ricorrente pensa di aver cercato di risolvere il problema in tutti i modi possibili. A un’analisi più attenta si troverà che le tentate soluzioni facevano parte della stessa classe di risposte. Queste soluzioni non erano sufficientemente diverse fra di loro e quindi non producevano quella differenza che fa una differenza.

A titolo d’esempio, ad una coppia particolarmente litigiosa Watzlawich prescrisse di riservare una mezz’ora al giorno, dalle 20 alle 20,30, in cui dovevano chiudersi in camera e litigare, fino alla scadenza della mezz’ora.  Ben presto i due non riuscirono a litigare per la mezz’ora prescritta e si resero conto che il litigare era un comportamento sotto il loro controllo, mentre prima avevano l’idea che fosse un qualcosa più forte di loro, su cui non potevano fare niente.

Nel caso di pensieri fastidiosi la persona potrebbe riservarsi alcuni spazi giornalieri ben precisi, come ad esempio 5 minuti ogni 3 ore, in cui  volontariamente richiamare alla mente quelle immagini o quei pensieri ricorrenti.

  Non essere in grado di smettere di pensare è un male terribile, ma non ce ne rendiamo conto perché quasi tutti ne soffriamo, quindi è considerato normale (Eckhart Tolle)

La de-fusione

 
Occorre considerare che la nostra Mente, durante l’evoluzione, si è sviluppata per aiutarci a sopravvivere in un mondo pieno di pericoli. In cima a tutti i bisogni dei nostri progenitori c’era la necessità di sopravvivere, e quindi la priorità n°1 della mente dell’uomo primitivo era di prestare attenzione ai pericoli e di evitarli: la mente era sostanzialmente un dispositivo per non farsi uccidere. Tra i pericoli che mettevano a rischio la vita c’era anche l’esclusione dal clan.
 
E ora, dopo 200.000 anni di evoluzione, la nostra mente è costantemente all’erta, domandandosi: è buono o cattivo? È sicuro o pericoloso? È dannoso o utile? Mi sto integrando bene? Sto contribuendo abbastanza? Sono bravo come gli altri? Sto facendo qualcosa per cui potrei essere allontanato?

Così trascorriamo molto tempo a preoccuparci di cose che, il più delle volte, non succederanno mai.

Approfondimenti:

La nostra mente ci racconta storie a getto continuo e, come tutti coloro che raccontano storie, cerca innanzitutto di farsi ascoltare, confezionando le storie in modo che siano più attraenti possibile. In questo modo riesce spesso a portarci via, nel presente o nel futuro, distogliendo la nostra attenzione da ciò che stiamo vivendo, dal momento presente. Diminuendo, tra l’altro, la nostra efficacia nel fare ciò che stiamo facendo.

 
radio sventura e depressione
Radio “Sventura e Depressione”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

I nostri pensieri sono come una radio sempre accesa che non smette mai di trasmettere, e che noi non possiamo spegnere; qualche volta si interromperà per conto suo, ma per breve tempo.
 

Se siamo sempre sintonizzati su questa radio, e se crediamo a tutto ciò che ascoltiamo, avremo stress e tristezza garantiti.

Fare affermazioni positive assomiglia al voler sovrastare questa radio con la propria voce, ingaggiando una battaglia che non ci vedrà mai vincitori. L’obiettivo non è quindi quello di spegnere la radio, né di sovrastarla. Vi è mai capitato di avere una radio accesa e non capire neppure una parola, in quanto focalizzati su quanto stavate facendo? Ecco, l’obiettivo è questo. Nell’ACT questo processo viene chiamato “de-fusione”.

Quando siamo fusi con i nostri pensieri li scambiamo per la realtà, pensiamo che siano molto importanti, o che siano ordini ai quali non ci possiamo sottrarre. Praticando la de-fusione, ci rendiamo conto che i nostri pensieri sono soltanto parole, immagini e sensazioni, che non dobbiamo credere loro od obbedirgli automaticamente.

 
 

Del resto, i nostri pensieri cambiano in continuazione: a volte sono allegri e a volte tristi, a volte positivi e a volte negativi, a volte “veri” e a volte no…

Esistono svariate tecniche di de-fusione, vi proponiamo la seguente tecnica di tipo linguistico:
  • Tecnica di de-fusione
      • prendete in esame un pensiero per voi angosciante, magari un giudizio severo su voi stessi, del tipo: “Io sono x” e pronunciatelo ad alta voce;
      • fate precedere la frase da “Sto avendo il pensiero”. Quindi la frase diventa: “Sto avendo il pensiero che sono x”. Pronunciatela ad alta voce;
      • ora allungate ulteriormente la frase, che diventa “Noto che sto avendo il pensiero che sono x” e pronunciatela ad alta voce;
      • fate caso ai differenti effetti che le tre frasi  pronunciate ad alta voce hanno su di voi.

Anche giocare con l’arco temporale del nostro dialogo interiore, quando le cose si fanno difficili, può essere uno strumento efficace. Un pensiero inquietante ci colpisce e scatena la nostra ansia, chiediamoci allora perché ci sentiamo così. Se stavamo bene venti minuti prima, e niente è cambiato, perché permettiamo a questo pensiero di dettare il nostro stato d’animo?

 
In sostanza, il primo passo per limitare gli effetti negativi del nostro dialogo interno è accettare che ci sia e che non esiste la manopola per spegnere la radio; in secondo luogo, non prendere i nostri pensieri per oro colato, ma per quello che sono: un’ininterrotta produzione della nostra mente.

Maria Soldati e Fabrizio Pieroni

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10 Commenti

  1. Grazie, un'analisi interessante ma semplice che mi ha aiutato a comprendere meglio lo stress auto-indotto e le negatività che ci colgono durante il lavoro.

    Complimenti per l'ottimo e comprensibile lavoro,vi seguirò tramite RSS

  2. Grazie, un'analisi interessante ma semplice che mi ha aiutato a comprendere meglio lo stress auto-indotto e le negatività che ci colgono durante il lavoro.

    Complimenti per l'ottimo e comprensibile lavoro,vi seguirò tramite RSS

  3. Noi abbiamo aderito a questo punto di vista dopo aver, per tanto tempo, cercato di cambiarlo!
    A disposizione, nel caso tu avessi bisogno.
    Grazie, ciao!

  4. Noi abbiamo aderito a questo punto di vista dopo aver, per tanto tempo, cercato di cambiarlo!
    A disposizione, nel caso tu avessi bisogno.
    Grazie, ciao!

  5. Attratta innanzitutto dal titolo del blog, mi sono trovata per caso a leggere questo post. Il mio dialogo interiore ha un effetto distruttivo su me e la mia autostima spesso ne risente, per questo motivo ho trovato questo intervento particolarmente interessante.
    Personalmente funziona sia l'ampliare il concetto, aumentando la consapevolezza che si tratta di un pensiero e non di una realtà inconfutabile, che il modificare il tono di voce in una voce ridicola o canticchiata; quest'ultimo probabilmente è dovuto al fatto che solitamente trattare con ironia le situazioni spiacevoli mi aiuta a catalizzarle meglio.

    Complimenti 🙂

  6. Attratta innanzitutto dal titolo del blog, mi sono trovata per caso a leggere questo post. Il mio dialogo interiore ha un effetto distruttivo su me e la mia autostima spesso ne risente, per questo motivo ho trovato questo intervento particolarmente interessante.
    Personalmente funziona sia l'ampliare il concetto, aumentando la consapevolezza che si tratta di un pensiero e non di una realtà inconfutabile, che il modificare il tono di voce in una voce ridicola o canticchiata; quest'ultimo probabilmente è dovuto al fatto che solitamente trattare con ironia le situazioni spiacevoli mi aiuta a catalizzarle meglio.

    Complimenti 🙂

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