Come prendiamo le nostre decisioni: l’influenza del giudizio degli altri
Come prendiamo le nostre decisioni, dove andiamo a cercare gli elementi che ci servono per giudicare?
In che misura i nostri giudizi dipendono e sono influenzati da quelli degli altri?
In PNL questo argomento viene trattato a proposito dei metaprogrammi, che sono filtri che utilizziamo inconsapevolmente per scegliere dove dirigere il focus della nostra attenzione.
In particolare, il fatto che i nostri giudizi dipendano da noi stessi o dagli altri riguarda il filtro del quadro di riferimento, che viene chiamato riferimento interno/esterno.
Il metaprogramma Riferimento interno/esterno
- Le persone con riferimento interno si rivolgono all’interno di se stessi per giudicare qualcosa. Alla domanda “come fai a sapere di aver fatto un buon lavoro?” rispondono “lo so” oppure “ne ho la sensazione, mi sembra proprio un buon lavoro”.
- Al contrario, le persone con un riferimento esterno cercano gli elementi su cui basare il proprio giudizio all’esterno di se stessi. Alla precedente domanda possono rispondere: “mi hanno fatto tutti i complimenti!” oppure “me lo ha confermato x”.
Naturalmente, poi, ci sono persone che sono compensate riguardo a questo metaprogramma, e gli elementi di giudizio li raccolgono sia all’esterno che all’interno di sé.
In molte attività è utile essere compensati. Ad esempio, nel condurre un’aula di formazione è importante il punto di vista dei partecipanti al corso, ma questo non può essere l’unico criterio: è pure molto importante sapere da se stessi se si è fatto o non si è fatto un buon lavoro.
Conoscere i metaprogrammi è utile in molti contesti: ad esempio, è molto utile nella comunicazione e nella vendita.
Le argomentazioni utili per persuadere una persona con riferimento esterno della bontà di un acquisto si riferiscono al fatto che quel prodotto l’hanno comprato milioni di persone, che ne abbiamo venduto un mucchio, che viene consigliato da quella rivista, che è di moda…
Ma argomentazioni di questo genere hanno poco impatto su una persona con riferimento interno: meglio cercare di capire cos’è importante per lui e descrivere il prodotto/servizio in base a questo, concludendo: “Solo tu puoi giudicare se fa per te”.
Il processo di maturazione porta ad un’evoluzione di questo metaprogramma. Tendenzialmente, nel corso della vita, si passa da un quadro di riferimento esterno (tipici dell’adolescenza) ad un quadro di riferimento più interno nell’età adulta.
Nel corso dell’adolescenza o poco dopo un ragazzo può sviluppare un riferimento interno: se questo non accade, può spostare il riferimento esterno dai genitori al gruppo di amici.
Cialdini e la riprova sociale
Usciamo dall’ambito PNL e prendiamo in esame il libro Le armi della persuasione
. In questo libro Robert Cialdini ha studiato gli elementi che definisce di persuasione automatica, che fanno scattare un si anche quando si vorrebbe dire no, e ne ha identificato sei:
- reciprocità
- Impegno e coerenza
- riprova sociale
- simpatia
- autorià
- scarsità
Uno di queste, la riprova sociale, ha a che vedere con ciò di cui stiamo parlando, e potrebbe essere definito come la forza della conformità. Tratteremo le altre “armi della perasuasione” in un prossimo post.
Secondo Cialdini uno dei modi che abbiamo per decidere che cosa è giusto è scoprire che cosa gli altri considerano giusto. Questo principio è particolarmente operante nei contesti indefiniti, che generano incertezza: se al ristorante siamo indecisi se mangiare il pollo con le mani o con le posate, il comportamento delle persone che abbiamo intorno ha una parte importante nella nostra decisione.
Negli anni ’50 Asch preparò un esperimento per valutare la pressione del gruppo in un semplice compito di percezione. Otto ragazzi, di cui sette collaboratori dello sperimentatore all’insaputa dell’ottavo (il vero soggetto sperimentale), si incontravano in un laboratorio.
Lo sperimentatore presentava loro delle schede con tre linee di diversa lunghezza, mentre su un’altra scheda vi era disegnata un’altra linea, di lunghezza uguale ad una linea della prima scheda.
Chiedeva a quel punto ai ragazzi, iniziando dai complici, quale fosse la linea di uguale lunghezza. Dopo un paio di ripetizioni “normali”, alla terza serie di domande i complici iniziavano a rispondere dando tutti la stessa risposta sbagliata.
L’ottavo ragazzo, il vero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo o penultimo, in un’ampia serie di casi rispondeva anche lui in maniera scorretta, conformandosi alla risposta sbagliata data dalla maggioranza di persone che aveva risposto prima di lui.
Non si conformava solo in occasioni in cui la sua valutazione rimaneva segreta, come si vede nel video. Questo è un punto importante: come ci ha fatto notare il nostro amico Luca Aldovrandi, le recenti elezioni presidenziali americane presentavano il seguente scenario: tutti i media erano schierati con la Clinton, e avrebbero dovuto creare un conformismo di massa in quella direzione. Gli elettori hanno potuto sottrarsi a questa pressione per il fatto che il voto è segreto.
Un esempio della potenza di questo meccanismo è dato dal cosiddetto effetto Werther. Prende il nome dal protagonista di I dolori del giovane Werther di Goethe che, nel romanzo, si suicida per amore.
Il romanzo fu pubblicato nel 1774 ed ebbe un enorme successo: i giovani europei presero il protagonista come modello nel vestirsi e nel modo di fare. Ma in seguito a questo successo vi fu un’ondata di suicidi tra i giovani che lessero il libro, tanto che fu proibito in Italia, in Germania e in Danimarca.
Da allora viene chiamato effetto Werther il fatto che i suicidi tendono ad aumentare quando viene pubblicata la notizia di un suicidio. Ad esempio, nel mese successivo al suicidio di Marilyn Monroe si registrò un incremento del 40% dei suicidi nella città di Los Angeles.
Ignoranza collettiva
In situazioni che generano incertezza, la tendenza delle persone di stare a vedere cosa fanno gli altri per potersi regolare, può generare comportamenti che vengono definiti “ignoranza collettiva”.
Sono stati pubblicati molti video che mostrano come, di fronte ad una persona sdraiata per terra che simula un malore, spesso le persone passano dritto senza intervenire. Questo è dovuto ai seguenti fatti:
- la situazione non è chiara, e ciascuno pensa che gli altri abbiano più informazioni sulla situazione, e quindi osservano il comportamento degli altri per cercare di capire come comportarsi
- non considerano che anche gli altri fanno lo stesso
- tutto questo porta ad un’elevata probabilità di inazione, con i passanti che si guardano con la coda dell’occhio e passano dritto senza fare niente
Conformismo e anticonformismo
La teoria della spirale del silenzio (Elisabeth Noelle-Neumann), sostiene che le persone hanno sempre un’idea precisa su quale sia l’opinione della maggior parte delle persone su un determinato argomento, e, dato che hanno paura dell’isolamento, nel caso in cui abbiano un’opinione diversa da quella della maggioranza preferiscono tacere.
Oggi Intenet ci espone ad un sovraccarico informativo che ci rende difficile orientarci, e che ci porta ad accettare senza verifica ciò che viene offerto (informazioni, notizie, eventi, pretese scoperte scientifiche, ecc).
E’ stato sperimentalmente dimostrato dalla psicologa Gitte Landgaard che il nostro primo impatto con un sito web ci porta a darne un giudizio inconscio (positivo o negativo) in 50 millesimi di secondo. Soltanto in seguito questo giudizio viene confermato dalla nostra razionalità che “ufficializza” la decisione presa dal pensiero intuitivo.
La natura inconscia di questi nostri giudizi immediati intuitivi rende difficile intervenire su di essi: il compito del pensiero critico è quello di decidere in quali situazioni ci possiamo affidare questo genere di giudizi, e in quali altre bisogna impegnare la nostra razionalità per verificare l’affidabilità.
Pensiero critico non significa solo andare alla ricerca di errori, incoerenze, debolezze ma significa giudicare ciò che è apprezzabile (e perché), e ciò che non è apprezzabile nei testi che leggiamo o nei pensieri che ascoltiamo. (Robert Ennis)
Il pensiero critico è una capacità intellettuale che va sviluppata e non un’attitudine che si eredita geneticamente.
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La prima finalità dell’insegnamento è stata formulata da Montaigne: è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena. (Edgar Morin)
Annamaria Testa scrive a questo proposito:
Da una parte c’è il rischio di cadere nella fallacia (bias) della conferma: la propensione a interessarci solo di ciò che conosciamo già e cercare e a considerare solo notizie, opinioni o fatti che rafforzano le nostre opinioni.
Tanto vale passare il tempo a rimirare il proprio ombelico. Dall’altra c’è il rischio di perdere tempo con le sciocchezze, o di farsi il sangue cattivo. Dall’altra ancora, c’è il rischio di sostenere fenomeni deleteri anche solo attraverso il semplice prestare attenzione e condividere.
Per oltre la metà degli italiani l’informazione attendibile si trova in rete. Ma in rete si trovano (e si diffondono) anche le informazioni più false e le bufale più spaventose. E proprio perché in rete si trova tutto e il contrario di tutto, oggi più che mai appare indispensabile operare una severa selezione delle fonti, dando credito solo alle più affidabili, documentate ed equilibrate. Insomma: bisogna imparare a distinguere.
Molte persone danno valore al differenziarsi dalla massa e ad esprimersi in maniera del tutto naturale e senza condizionamenti.
Ma, a parte il fatto che l’idea di non essere condizionato da nulla ci sembra del tutto utopistica, spesso tutto ciò si traduce semplicemente nell’esprimere ciò che è diverso dal comune.
Ricercando la “diversità”, non individuiamo altro che una nuova e compatta unità di pensiero opposta alla precedente, un attacco a ciò che è “di moda” e quindi un nuovo conformismo. Secondo Renè Girard, dietro ogni anticonformismo si nasconde la necessità di distinguersi dagli altri e di superarli, imitando però gli anticonformisti predecessori e dimostrando una dipendenza dalla massa che disprezza: “senza di essa non avrebbe nulla sa cui distinguersi”.
A volte siamo spaventati dall’idea che il pensiero critico sia morto, o almeno gravemente ammalato. Forse le spiegazioni più evidenti di molti fatti preoccupanti non ci soddisfano, e non ci soddisfano perché ci fa male accettarle. Allora molti si mettono in cerca di spiegazioni che si avvicinino di più ai loro desideri.
Del resto, la gente ha fatto molte difficoltà a credere a Semmelweis (noto anche come il salvatore delle madri) che diceva ai medici di lavarsi le mani prima di toccare le partorienti. Diceva cose troppo semplici. La gente crede più volentieri a chi vende la lozione per far ricrescere i capelli, o l’elisir di lunga vita.
Credendo di “pensare con la propria testa”, molte persone si riducono a pensare con la testa di sedicenti esperti di politica, guru, guaritori, che, dal canto loro, sono preoccupati solo dal ricevere molte visite sui loro siti (per ovvi motivi).