emozioni
 

Le emozioni danno sapore alla vita, ci ricordano quanto siamo relazionali, contribuiscono a interpretare e dare senso alla realtà.

Spesso sentiamo dire dai “fautori del controllo” che per prendere decisioni sagge è bene tenere a bada le emozioni, che essere razionali è meglio che essere emotivi, che le emozioni disturbano la conoscenza e l’obiettività (esempio una persona innamorata).
 
All’opposto, i “fautori della spontaneità, pensano che la ricchezza emotiva sia proporzionale al nostro grado di spontaneità e che questo voglia dire essere autentici, sinceri, trasparenti… che le emozioni sono istintive, involontarie, determinate dalla nostra costituzione biologica e dalla nostra personalità. Questa visione ci porta a non assumercene la responsabilità (sono fatto/a così…).
 
Queste visioni manichee portano ad immaginare una lotta tra due parti una forte (razionalità) una debole (emotività), oppure ad esaltare un’irresponsabile mito della spontaneità.
 
Le emozioni sono importanti ai fini della condivisione, in tutti i sensi: nel fare un post su Facebook, nel dire come la pensiamo, nell’avvicinarci ad una persona. Insomma hanno un ruolo molto importante nella nostra vita, nelle relazioni con noi stessi, con gli altri e con tutto quanto accade intorno a noi.
Il nostro cervello si è evoluto in modo tale che gli stimoli che riceviamo dall’esterno prima di arrivare alla corteccia dove sono valutati ed interpretati in modo consapevole, passano per il sistema limbico ed il talamo (cervello emozionale).
 
Per cui si potrebbe dire che prima di qualunque pensiero, noi riceviamo un’emozione da tutto quanto percepiamo nella vita.
Le emozioni sono quindi il “termostato’’ che serve a regolare il nostro sistema di sicurezza.
 
sistema limbico
 

 
In un’antica leggenda giapponese si narra di un samurai, che un giorno sfidò un maestro Zen chiedendogli di spiegare i concetti di paradiso e inferno. Il monaco, però, replicò con disprezzo: “Non sei che un rozzo villano; non posso perdere il mio tempo con gente come te!”.
Sentendosi attaccato nel suo stesso onore, il samurai si infuriò e sguainata la spada gridò: “Potrei ucciderti per la tua impertinenza”.
“Ecco” replicò con calma il monaco “questo è l’inferno”.
Riconoscendo che il maestro diceva la verità sulla collera che lo aveva invaso, il samurai, colpito, si calmò, ringuainò la spada e si inchinò, ringraziando il monaco per la lezione.
“Ecco” disse allora il maestro Zen “questo è il paradiso”.

L’improvviso risveglio del samurai e il suo aprire gli occhi sul proprio stato di agitazione ci mostra quanto sia fondamentale la differenza fra l’essere schiavi di un’ emozione e il divenire consapevoli del fatto che essa ci sta travolgendo. Il consiglio di Socrate, «conosci te stesso», fa riferimento a questa fondamentale dimensione di una competenza comunicativa autentica: la consapevolezza delle proprie emozioni nel momento stesso in cui esse si presentano (Daniel Goleman, Intelligenza Emotiva).

 
 

 

Consapevolezza emozionale

E’ quindi importante riconoscere il tipo di risposte emotive che attiviamo a fronte di stimoli esterni ed interni e imparare a gestire con consapevolezza l’energia delle emozioni.
 

Di fronte ad una emozione, abbiamo tre possibilità:

  1. Negarle
  2. Agirle
  3. Gestirle
  • Negare le emozioni significa non riconoscerle, non dare loro spazio. E’ un po’ come chiudere il coperchio di una pentola a pressione, nel tentativo di controllarne l’energia. Questo atteggiamento è ispirato dalla paura che ad alcune persone fanno le emozioni, e ha esiti negativi sia nelle relazioni interpersonali, nella relazione con se stessi e con il proprio corpo.
  • Agire le emozioni significa dar loro libero sfogo. Le emozioni hanno uno scopo, ci preparano a reagire in tempi molto rapidi, attivandoci anche dal punto di vista fisiologico. Ad esempio, la paura ci predispone alla fuga o ad un immobilismo mimetico. A questo proposito nasce un problema: il nostro sistema nervoso si modifica ad una velocità che può essere misurata nelle centinaia di migliaia di anni. Ma il genere umano ha modificato di molto il proprio modo di vivere negli ultimi 6.000-10.000 anni. Per cui, se agire le emozioni poteva essere una risorsa per i nostri progenitori cacciatori-raccoglitori (fuggendo di fronte ad un animale feroce o una tribù ostile), oggi agire le emozioni dà luogo a comportamenti inappropriati. Le cose che fanno paura oggi (la crisi economica, la malattia di un congiunto) non possono essere sfuggite con la fuga.
  • Per cui la strada migliore è gestire le emozioni, senza negarle e senza agirle, ma recependo il messaggio che ci inviano.
  

Cosa vuol dire gestire in modo consapevole le emozioni?

Intanto sapere di cosa si tratta, dar loro un nome e conoscerne il funzionamento e la dinamica.

Già questo contribuisce a creare uno spazio per “vedere” l’emozione e “non identificarci” con essa, dandoci la possibilità di gestirla in modo adeguato al contesto e alla situazione.
 
Delle emozioni si scrive e si parla molto e tra gli studiosi non c’è ancora un accordo nel dire quante sono, quali sono…
Qui non siamo interessati alle dispute teoriche, né tanto meno ad arrivare a qualcosa di definitivo.

Per noi è importante un approccio pragmatico, “che funzioni”.

Il fiore delle emozioni’’ di Robert Plutchik

 
 
 
Fiore delle emozioni
Fiore delle emozioni
Nel post Perché è così difficile essere felici? avevamo fatto riferimento alla classificazione delle emozioni operata da Paul Ekman.
 
Oggi prendiamo a prestito l’immagine del ‘’fiore delle emozioni’’ di Robert Plutchik, per aiutarci ad identificare e a dare un nome a ciò che proviamo, a riconoscere l’emozione primaria e la sua possibile evoluzione e contaminazione a fronte di stimoli che caratterizzano il contesto organizzativo e operativo in cui siamo inseriti.
 
Nell’immagine del “fiore delle emozioni” possiamo distinguere alcune emozioni cosiddette primarie,  che si trovano alla base di ogni petali del fiore e che sono: gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, disgusto, rabbia, aspettativa.
 
Al centro del fiore dove convergono i petali le emozioni sono più intense, mentre all’estremità dei petali l’emozione è meno intensa.
 
Inoltre si può osservare come dalla combinazione di emozioni primarie danno luogo a stati emotivi più complessi, le Diadi come ad esempio Gioia + Fiducia = Amore oppure Fiducia + Paura = Sottomissione.
Queste diadi sono dette primarie, la cui combinazione produce diadi secondarie e terziarie.
 
 
Combinazioni e opposti
Combinazioni e opposti

Le emozioni ci permettono di valutare immediatamente se uno stimolo è  piacevole o spiacevole, conosciuto o sorprendente. Per cui hanno una funzione fondamentale per la nostra sopravvivenza.

 
 
Stimoli e reazioni
Stimoli e reazioni
Inoltre possiamo dire che i nostri comportamenti e le nostre emozioni sono parte integrante di un processo circolare.
 
La relazione pensiero – azione genera dei loop che possono essere circoli virtuosi o viziosi, che se non adeguatamente compresi e gestiti, generano comportamenti funzionali o disfunzionali.
 

circolo emozioni

Riconoscere l’emozione vuol dire anche riconoscere il pensiero a cui è associata e capire il legame fra loro e il motivo di questo legame.
 
Una volta che questo è stato compreso, si può provare ad allentare tale legame, ristrutturarlo aggiungendo nuovi significati, recuperare la diversità delle esperienze, si può immaginare come peggiorare ulteriormente la situazione…
 
In questo modo i circoli viziosi possono essere interrotti con conseguente cambiamento delle risposte comportamentali e del processo di elaborazione cognitiva.
 
Le emozioni ci avvertono su come stiamo pensando, osservando, valutando le situazioni e lo fanno utilizzando un linguaggio fisico, analogico che incarna lo scopo, la funzione, per le quali esistono.
 
Tale manifestazione, sotto forma di sensazioni fisiche, ha spesso una sede privilegiata nel corpo, cui far riferimento per sviluppare la conoscenza di sé e delle emozioni stesse.
 

Sono espresse attraverso la mimica del volto, la postura del corpo, il linguaggio, alcuni

senso di colpa
senso di colpa

comportamenti (esempio fumare molto, mangiare molto o mangiare poco,…) ed una serie di reazioni a livello somatico (esempio arrossire, tremare, sudare, reazioni cutanee, respirare velocemente…), vegetativo (esempio aumento della pressione, battito cardiaco, alterazione salivazione…), psicologico (esempio ridotta capacità di autocontrollo…).

 
L’incapacità di espressione delle emozioni genera diverse patologie psico somatiche come ad esempio ansia, malattia della pelle, disturbi gastrointestinali, alcune forme di diabete, asma, disturbi alimentari…
 
 
Le emozioni hanno origine da stimoli esterni (aspetto oggettivo) ma noi siamo responsabili delle risposte, delle reazioni che mettiamo in atto (aspetto soggettivo) anche quando scarichiamo all’esterno questa responsabilità (esempio: mi fai arrabbiare!).
 
Nel nostro vivere quotidiano, personale, relazionale, professionale è importante avere presente, ai fini delle nostre reazioni emotive, che non è l’evento a determinare tali reazioni, bensì come noi interpretiamo l‘evento stesso, quale valutazione e quale significato gli attribuiamo.
 
In un certo senso noi reagiamo ai nostri stessi schemi mentali, alle nostre convinzioni che applichiamo in modo automatico e che si rafforza attraverso le nostre azioni.
 
Questo schema può essere più o meno funzionale per il nostro benessere, e spesso ci rende impossibile “vedere” le cose da diversi punti di vista, senza pregiudizi, con maggiore flessibilità.
 
Concludendo possiamo dire che saper riconoscere gli automatismi alla base dei nostri stati emotivi, dei nostri sentimenti è utile:
  • per non identificarci con essi,
  • per poter interrompere i circoli viziosi pensieri-emozioni,
  • per poter introdurre nuovi significati e nuovi legami,
  • per imparare a gestire meglio la respirazione al fine di poter recuperare una certa presenza e lucidità
In questo modo si può raggiungere la condizione di scegliere i comportamenti più funzionali alle situazioni che viviamo, decidendo se e quale azione mettere in atto a seguito dell’attivazione emozionale.
 
Accettando la definizione degli antichi, le passioni sono come dei venti, delle perturbazioni che possono portarci al naufragio. Il bravo marinaio sa però – in termini nautici – navigare di “bolina”, usando il vento per andare nella direzione contraria a quella del vento. La massima astuzia consiste nell’utilizzare l’energia delle passioni per seguire la direzione dell’intelligenza.
Remo Bodei, rivista Next, estate 1998

Approfondimento:

 
 

Maria Soldati & Fabrizio Pieroni
 

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