Modelli di Problem Solving

problem solving

Nella nostra attività di Coach, Counselor e Formatori, siamo alla costante ricerca di Modelli di Problem Solving efficaci e pragmatici.
Perché può essere utile un modello di Problem Solving?

Sistema 1 e Sistema 2


Daniel Kahneman, nel suo bellissimo e impegnativo “Pensieri lenti e veloci“, parla di due diversi sistemi mentali, che utilizziamo a seconda del compito che vogliamo assolvere:

Sistema 1, che opera in fretta e automaticamente, con poco o nessuno sforzo e nessun controllo volontario. Noi non siamo consapevoli del suo modo di raggiungere le sue conclusioni intuitive.
Sistema 2, che si occupa  delle attività mentali volontarie e consce che richiedono attenzione, come i calcoli complessi.

Il Sistema 1, la parte inconscia della nostra mente, può prendere una decisione senza che la parte conscia – il Sistema 2 – sappia perché, o senza che nemmeno ci rendiamo conto che una decisione è già stata presa.

ATTIVITÀ TIPICHE DEL SISTEMA 1 (PENSIERO VELOCE)
ATTIVITÀ TIPICHE DEL SISTEMA 2 (PENSIERO LENTO)
Notare che un oggetto è più lontano di un altro Concentrarsi sulla voce dell’interlocutore in una stanza affollata e rumorosa
Rispondere alla domanda: quanto da 2+2? Contare quante volte compare la lettera A in una frase
Notare il tono ostile di una voce Dare a qualcuno il proprio numero di telefono
Orientarsi verso la sorgente di un suono improvviso Calcolare quanto fa 12×17
Normalmente ciascuno di noi risolve quotidianamente numerosi problemi ricorrendo al “buon senso”, ricorrendo ad “euristiche”, utilizzando il Sistema 1.
A volte, però, incontriamo problemi che sembrano resistere ad ogni tentativo di risoluzione, e tendono a riproporsi ciclicamente o a diventare “cronici”.
Che cos'è un'euristicaIn questo caso l’applicazione di un modello ci aiuta ad utilizzare il Sistema 2, diventando consapevoli di:
  • cosa facciamo,
  • come decidiamo,
  • come selezioniamo i dati significativi,
  • dove focalizziamo la nostra attenzione.

Questa consapevolezza diventa importante quando si tratta di apportare modifiche nel nostro modo di agire, di percepire, di valutare e di risolvere un problema “ostico”.

Ogni modello di Problem Solving parte da alcuni presupposti, da concetti che, all’interno del modello, si suppone siano veri. Partendo da presupposti diversi, ognuno di essi esamina le cose da un punto di vista differente, creando così immagini diverse della realtà e dei problemi presi in esame. Sono un po’ come occhiali da sole con lenti colorate in colori diversi, ed è utile conoscerne ed utilizzarne molti per non diventare prigioniero di nessuno. 
Oltre al fatto che alcuni modelli possono rivelarsi più efficaci in determinate situazioni, meno in altre, ed è utile avere vari attrezzi a disposizione, per ogni evenienza.

Se l’unico attrezzo che possiedi è un martello, tutti i problemi ti si presenteranno sotto forma di chiodo

Quando parliamo di un «problema» non stiamo parlando di una «cosa».
Un problema è un’osservazione compiuta da un osservatore, limitata dalle caratteristiche dell’osservatore stesso e del contesto socio-storico-culturale in cui è inserito.

La storia dell’uomo è una storia di problemi affrontati e spesso risolti. Anche la nostra vita quotidiana è intessuta di problemi, di soluzioni e di tentativi di soluzione. Quando lavoriamo, quando mettiamo in ordine la casa, quando siamo in relazione con gli altri, e anche quando siamo soli e in relazione solo con noi stessi.
Dimensione dei problemi
Nonostante che i problemi sorgano tutti all’interno della relazione con se stessi, con gli altri o con la realtà, possono differire molto uno dall’altro:
1. “La mia auto non parte” è molto diverso da
2. “Non riesco a perdere peso” o
3. “Non riesco a dare un senso alla mia vita”.

Questi tre problemi, pur profondamente diversi, hanno in comune il fatto di paragonare un dato di realtà (stato presente) con un dato di riferimento (stato desiderato)

paragone da cui deriva un senso di insoddisfazione.

Che cos’è un problema?

Definizione di un problema

Questi sono gli elementi essenziali costitutivi di un problema, quelli che ci fanno riconoscere un “problema” come tale.

Nel primo problema (La mia auto non parte) si può supporre che ci sia una causa ben specifica all’origine del problema e che, una volta rimossa questa causa, il problema sarà risolto. Per individuare la causa reale, in un caso come questo, occorre individuare tutte le cause possibili

  • la batteria scarica?
  • un fusibile saltato?
  • il motorino di avviamento?

escludere ad una ad una tutte le ipotesi che non superano una verifica, fino a che non rimane in piedi un’unica ipotesi, quella che riguarda la causa origine del problema. Intervenendo su quella, il problema viene risolto.

Persone diverse in contesti diversi potranno percepire un problema come questo in modi molto diversi: potranno ingigantirlo e farne una tragedia o considerarlo solo un piccolo inconveniente.
In ogni caso, a parte la percezione soggettiva del problema, la causa del problema è indipendente dalla persona che percepisce il problema. Posso disperarmi oppure no, ma se la macchina non parte a causa di un fusibile è solo sostituendolo che il problema sarà risolto.

Il nesso “Causa-effetto”

Questo approccio meccanicista ai problemi è molto diffuso: un problema si analizza scomponendolo in parti sempre più piccole, in modo da poterne identificare la causa. Questo orientamento ha guidato gran parte della scienza e della tecnologia nel nostro secolo, ed è profondamente radicato nel nostro modo di pensare.
Del resto, ha dalla sua parte un gran numero di successi: un idraulico, un meccanico, a volte anche un medico procedono in questo modo: quando si trovano dinanzi ad un problema, focalizzano l’attenzione sulla parte che non funziona e cercano di ripararla.

Nel mondo materiale, il causa – effetto è una cosa evidente, e ci accompagna fin dalla prima infanzia. Via via che accumuliamo esperienze, comprendiamo che ad ogni azione corrisponde un effetto, spesso prevedibile: se rovescio il piatto con la minestra, la minestra si verserà sul tavolo e forse mi bagnerà.

Ma nel mondo vivente le cose sono più complesse: Bateson esemplificava questo concetto paragonando l’azione di dare un calcio ad una palla e ad un cane. Mentre l’effetto sulla palla è del tutto prevedibile, l’effetto sul cane non lo è, dal momento che gli esseri viventi hanno un margine di libertà nella reazione, in proporzione alla complessità del loro sistema nervoso.

Non in tutte le situazioni è possibile ipotizzare l’esistenza di una causa all’origine del problema e identificarla.
Nei problemi 2 e 3, ad esempio, è estremamente difficile individuare una specifica causa all’origine del problema, a meno di ricorrere a spiegazione tipo “mancanza di costanza” e “crisi esistenziale”, che sono tautologiche e non aggiungono niente all’analisi del problema. In realtà, non possiamo essere certi che esista una causa definita, né che, qualora esistesse, potremmo arrivare a conoscerla.

Tre principali modelli di problem solving

I modelli di Problem Solving si sono adattati a questa varietà di nessi causali che si incontrano nella realtà, ed è possibile, in prima istanza, classificarli così:

1. Problem Solving orientato alla ricerca delle cause del problema
2. Problem Solving orientato al funzionamento del problema
3. Problem Solving orientato alla soluzione

Modelli di Problem Solving

Da leggere:
Analisi sistemica dei problemi con il modello SCORE
Più di prima: quando la soluzione è il problema
Vivere in un mondo complesso


I modelli del primo tipo analizzano le cause del problema allo scopo di rimuoverle o di rimuoverne gli effetti, ed è sulla base di questo intervento che si raggiunge una soluzione (diagramma di Ishikawa o a Lisca di pesce, e in genere gli strumenti della Total Quality)

I modelli del secondo tipo analizzano il modo in cui il problema funziona e persiste, e sulla base di questa analisi progetta le soluzioni (problem solving strategico, la maggior parte delle tecniche PNL)
I modelli orientati alla soluzione non si preoccupano affatto di analizzare il problema e le sue cause, ma si dedicano a progettare il raggiungimento dello Stato Desiderato (Solution Focus, che si rifà al lavoro di Steve De Shazer, Formazione degli obiettivi in PNL)

L’orientamento alla ricerca delle cause del problema è un’utile guida per l’azione all’interno dei sistemi complicati, il cui presupposto è che esiste una relazione deterministica ed univoca tra causa ed effetti (problematici) e che dunque rimuovendo la causa si risolve il problema.

Ma in un sistema complesso, dove la complessità sta appunto nel fatto che a fronte di un evento problematico, le cause possono essere numerose e diverse e la cui relazione con gli effetti non è univoca né deterministica, l’adozione di un approccio focalizzato sulle cause porta ad effettuare interventi settoriali (che possono anche essere efficaci a breve termine), e a ridurre l’intervento ad un orizzonte limitato.

I modelli di Problem Solving orientati al funzionamento del problema si focalizzano su come il problema “funziona”, presupponendo che alcuni comportamenti, atteggiamenti o punti di vista mantengano in vita il problema stesso.

Quelli orientati alla soluzione orientano  l’attenzione allo stato desiderato e alla modalità di raggiungerlo, senza un’analisi della situazione problematica.

Questi ultimi, (orientati al funzionamento del problema o alla soluzione) si propongono di far raggiungere al sistema complesso un nuovo equilibrio ad un altro livello di autorganizzazione. Raggiungono questo scopo introducendo elementi nuovi e/o rimuovendo gli ostacoli.

I problemi di relazione, e, più in generale, i problemi che ci riguardano direttamente come esseri umani, sono i problemi tipici di un sistema complesso, ed è solo considerando la pluralità dei fattori in gioco e le loro interazioni che i comportamenti degli interlocutori diventano intellegibili.
complessità della comunicazione

Il seguito di questo post lo trovate qui., in cui tratteremo il tema dell’auto organizzazione,

Maria Soldati & Fabrizio Pieroni

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