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A volte siamo tutti presi dalle azioni necessarie per raggiungere un obiettivo: siamo impegnati, affrontiamo sacrifici, compiamo azioni. Mentre mettiamo in atto queste azioni siamo convinti che il raggiungimento dell’obiettivo ci porterà una grande soddisfazione.
  • Una volta ottenuta la promozione, sarò finalmente soddisfatto della mia carriera.
  • Quando sarò riuscito ad acquistare quella casa sarò felice.
  • Quando avrò ottenuto quell’aumento di stipendio mi sentirò finalmente tranquillo.

Nella nostra società orientata agli obiettivi, stabilire un obiettivo su cui lavorare è spesso un fattore motivante che guida il progresso professionale e personale.

Quando finalmente raggiungiamo l’obiettivo, però, non sempre proviamo quella soddisfazione che ci aspettavamo, e per continuare ad impegnarci dobbiamo subito porci un altro obiettivo.

Arrival fallacy

Alcuni studiosi chiamano questo fenomeno arrival fallacy, “errore di arrivo”.

Secondo Tal Ben-Shahar, l’ancoraggio su un obiettivo futuro innesca i centri di ricompensa nel cervello, inducendo un effetto di calma e soddisfazione. Quella sensazione di realizzazione diventa parte della tua identità quotidiana. Ti adegui prontamente a questo nuovo stato dell’essere così tanto che il raggiungimento dell’obiettivo risulta essere meno soddisfacente del previsto.

Ben-Shahar afferma inoltre che l’errore di arrivo comporta una infelicità senza speranza, perché, ha spiegato: “Prima vivevano con l’illusione – beh, la falsa speranza – che una volta raggiunto l’obiettivo, allora saranno felici.” Ora questa illusione non esiste più.


Uno studio del 2000 dimostra che tendiamo ad essere piuttosto bravi a sapere quali cose ci renderanno felici e infelici ma non siamo molto bravi a prevedere l’intensità e la durata dell’effetto degli eventi.

Spesso le persone affermano che manca loro qualcosa per raggiungere la felicità: la tranquillità economica, un posto di lavoro sicuro, un miglior rapporto di coppia… Tuttavia sappiamo  che molte persone, pur realizzando questi desideri e avendo tutte queste cose, non hanno trovato né pace né felicità. (Perchè è difficile essere felici)

 Se non sei felice con ciò che hai, non lo sarai nemmeno con quello che ti manca (Erich Fromm)

Business Insider ha pubblicato un articolo che riporta 21 casi di persone che hanno vinto milioni alla lotteria e si sono rovinati. Nel leggere questo articolo è probabile che pensiamo: “A me non succederebbe. Io saprei bene come utilizzare tutti quei soldi”. Beh, probabilmente lo avrebbero pensato anche le persone oggetto dei casi riportati nell’articolo.

In ogni caso, numerose ricerche dimostrano che la ricchezza non aumenta il livello di felicità, se non al di sotto di una soglia minima. Una volta soddisfatti i bisogni primari come cibo, sicurezza e alloggi puliti, la correlazione tra reddito e felicità si interrompe. Se una persona è povera, possedere più denaro la rende più felice, ma se una persona gode di un certo grado di benessere economico, un aumento di ricchezza non gli apporterà un significativo aumento di felicità.

Tal Ben-Shahar, nell’articolo citato, sostiene che il predittore di felicità n° 1 è il tempo di qualità che trascorriamo con le persone a cui teniamo e che si interessano a noi. In altre parole, le relazioni.

Da un punto di vista PNL, possiamo fare alcune osservazioni su questo tema, legate a:

Ecologia degli obiettivi

L’ecologia è lo studio degli effetti, e l’analisi ecologica di un obiettivo ci fornisce un’idea piuttosto precisa sulle conseguenze del raggiungimento di un obiettivo.
Le seguenti domande consentono di prefigurarsi con precisione la situazione determinata dal raggiungimento dell’obiettivo:

  • Cosa perderai raggiungendo l’obiettivo?
  • Cosa fa di positivo per te non raggiungere l’obiettivo?
  • Cosa succederebbe se ottenessi ciò che vuoi?
  • Quali conseguenze positive e negative per la tua vita personale e per il contesto in cui vivi produrrai realizzando il tuo obiettivo?
Se questa analisi viene fatta con attenzione ed impegno diventa improbabile rimanere delusi dal raggiungimento di un obiettivo, perché quella situazione era stata ampiamente esplorata.
 

Il metaprogramma processo – obiettivo

Le nostre scelte e le nostre decisioni sono basate sulla nostra scala di valori. I valori sono un elemento fondamentale, che indicano quello che è importante per noi, e quindi tutto ciò a cui diamo valore e ciò a cui non lo diamo.  Ma il nostro modo di relazionarci ai nostri valori è mediato da quelli che in PNL vengono chiamati “metaprogrammi”.


I metaprogrammi sono filtri interni che agiscono a livello del tutto inconscio, e sono privi di contenuto. Dedichiamo ora la nostra attenzione al metaprogramma processo – obiettivo.
  • Le persone di obiettivo prestano la massima attenzione al risultato da conseguire, e si pongono poche domande: alcune volte procedono un po’ «a testa bassa».
  • Al contrario, le persone di processo danno grande rilevanza a come il piano d’azione viene realizzato: le azioni da compiere, le attenzioni da usare… Per loro lo scopo del viaggio non è arrivare, ma tutto ciò che si può sperimentare progredendo verso la meta.

Il metaprogramma processo non si aspetta la ricompensa dal raggiungimento dell’obiettivo, ma la trova nella strada da compiere, nel processo di raggiungimento. Possiede quindi gli anticorpi per evitare l’ “errore di arrivo” di cui si è parlato prima.

  

La relazione tra obiettivi e valori 

Ogni obiettivo è ispirato da un valore, ma obiettivi e valori non sono la stessa cosa. Un obiettivo è come una montagna da scalare o un fiume che vuoi attraversare, e, una volta che l’hai raggiunto, puoi spuntarlo da una lista. Un valore, invece,  è come andare verso ovest: per quanto viaggi, ci sarà sempre un ovest più lontano verso cui andare.

Anche se non raggiungi il tuo obiettivo, il valore rimane valido. I valori riguardano come vogliamo comportarci, a cosa vogliamo ispirarci:

  • mentre perseguiamo l’obiettivo, 
  • quando l’avremo raggiunto 
  • e anche nel caso in cui non lo raggiungessimo.

Da leggere: 

I valori sono qui ed ora: gli obiettivi sono nel futuro

In una vita concentrata sui valori è diverso, perché i tuoi valori sono sempre a tua disposizione, a prescindere dalle circostanze in cui ti trovi (Victor Frankl realizzò molti dei suoi valori in un lager).

Vivere concentrati sugli obiettivi comporta che ogni obiettivo raggiunto non sarà mai abbastanza: otterrai quell’aumento di stipendio e sarai contentissimo di avere quei soldi in più. Ma quanto tempo passerà prima che inizi ad abituarti al nuovo livello di reddito, a darli per scontati e a volerne di più?

Tutto preso  nei dettagli quotidiani di ciò in cui sei impegnato, potresti perdere di vista il “perché” più grande che ti motiva. Senza un senso di scopo, persegui il tuo successo con un vuoto profondo.

Connetterti con i tuoi valori e agire in base ad essi dà un senso di appagamento, perché vivere secondo i propri valori dà soddisfazione adesso. 

Vivendo concentrandosi sui valori gli obiettivi continuano ad esistere, ma l’enfasi è spostata sul vivere i valori in ogni momento. 

Anche se abbiamo trascurato un valore per noi importante, e lo stiamo facendo da molto tempo, proprio in questo momento possiamo decidere cominciare ad agire nella sua direzione.
Invece, un obiettivo riguarda sempre il futuro, e nel momento in cui lo avremo raggiunto non sarà più un obiettivo.

I valori hanno a che fare con il «tipo di persona che vogliamo essere», «per cosa vogliamo essere ricordati». Indicano una direzione da seguire, ciò che da senso, significato, spessore, alla nostra presenza e alla nostra esistenza. Ciò che ci fa sentire vivi.

Maria e Fabrizio
 
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