parlare in pubblico
 
 
 
Saper parlare in pubblico è una capacità che può risultare davvero molto utile, soprattutto in campo professionale. Può servire per presentare un proprio progetto, per intervenire in una riunione in modo efficace e, in genere, per far valere i propri punti di vista di fronte a più interlocutori.
 
Chiunque può imparare a parlare in pubblico, a patto di impegnarsi in un percorso di self-coaching e di miglioramento continuo.
 

Cosa dico e come lo dico

Per sviluppare questa capacità è necessario impegnarsi in due direzioni:

 
  1. la prima riguarda la strutturazione e la pianificazione della presentazione cioè: COSA dirò e con quale ordine
  2. la seconda è relativa alla modalità con la quale saranno esposti i contenuti della presentazione cioè: COME utilizzerò il mio stile personale, quale sarà lo stato interno più efficace. Tratteremo anche il senso di disagio, paura (o addirittura di panico) che alcune persone provano in situazioni del genere, esposti allo sguardo critico dei presenti. Questo disagio è dovuto, in gran parte, al fatto che parlare in pubblico, per molti, può essere un’attività per niente familiare.

Se pensiamo ad un bellissimo discorso pronunciato con voce monotona, con postura e gestualità iper-controllate, ci rendiamo subito conto che il COME comunicare in pubblico è la parte più importante. Infatti, nel caso ipotizzato, il rischio è che l’uditorio penserà ai fatti suoi nella maggior parte del tempo. Il COME è importante perché veicola gli “aspetti emotivi” e “le istruzioni per l’uso” di ciò che viene detto e perciò non può essere separato dal COSA.

 
A questo proposito viene spesso citato l’esito delle ricerche di Albert Mehrabian, secondo cui la comunicazione verbale veicolerebbe solo il 7% del totale della comunicazione, il linguaggio del corpo (non verbale) influirebbe nei confronti dell’interlocutore per il 55%, la voce (paraverbale) per il 38%. A dire la verità, queste ricerche sono state spesso fraintese e utilizzate in modo improprio, tanto che lo stesso Autore precisò:
 
“Vi prego di notare che questa e altre equazioni riguardanti l’importanza dei messaggi verbali e non verbali sono state ricavate da esperimenti che si occupano della comunicazione di sentimenti e atteggiamenti (ad esempio, simpatia-antipatia). A meno che un comunicatore non stia parlando dei suoi sentimenti e atteggiamenti, queste equazioni non sono applicabili”.
 
 
Esagerazioni e fraintendimenti a parte, è  vero, però, che non esiste un “cosa dico” separato da un “come lo dico”.
Infatti se il COSA rappresenta il Logos vale a dire la logica, il ragionamento, il COME veicola l’ethos, inteso come credibilità di chi parla, ed il pathos, inteso come delle passioni.
 
 
 
 

Lo stato interno

 
Un altro elemento importante, collegato al precedente, è quello che, per parlare in pubblico e tenere svegli gli ascoltatori, occorre avere uno stato interiore di eccellenza, i cui ingredienti principali sono:
  • vitalità
  • divertimento
  • focus
  • determinazione
 

Strutturazione e pianificazione della presentazione: il “cosa dico”

Le fasi operative di una presentazione in pubblico sono:
fasi operative di una presentazione
dove, secondo Cicerone:  “l’inizio del discorso introduce l’argomento, la parte centrale lo sviluppa, la fine lo riassume”.  Ma, prima di queste tre fasi, occorre prepararsi al meglio, soprattutto se non si è molto esperti nel parlare in pubblico.
 
Nella fase di preparazione occorre tenere conto dei principali fattori che influenzano una presentazione in pubblico, che sono:
fattori chiave di una presentazione
 
La progettazione della presentazione è in funzione di questi cinque fattori: la variazione di uno di essi determinerà una modifica dell’intero progetto.
 
Le domande da porsi nel preparare una presentazione in pubblico sono quindi:
  • Qual è il mio ruolo il questo contesto?
  • Qual è l’argomento?
  • Qual è la finalità di questa presentazione in questo contesto?
  • A chi mi rivolgo?
  • Quanto tempo dura l’esposizione?
  • Quali sono i mezzi tecnici di cui dispongo?
 

La comprensibilità del contenuto

 
Rispondendo a queste domande avremo abbozzato una prima traccia di ciò che andremo a dire. In questa fase sarà bene occuparsi della comprensibilità del contenuto, seguendo queste indicazioni:
 
comprensibilità del contenuto
 
  • La semplicità si ottiene utilizzando frasi brevi e parole conosciute (spiegando gli eventuali termini tecnici)
  • La chiarezza e la consequenzialità permettono a chi ci ascolta di orientarsi con sicurezza all’interno delle argomentazioni che stiamo sostenendo. I passaggi più importanti devono essere evidenziati, i collegamenti più complessi chiariti.
  • La sintesi permette di fornire le informazioni utili alla comprensione usando il minimo di parole e aderendo al tema trattato senza confusione.
  • Aggiungere stimoli significa utilizzare un linguaggio concreto, vicino all’esperienza di vita degli ascoltatori; utilizzare analogie, esempi e metafore; favorire un’interazione con l’uditorio, per mezzo di domande.

Persuasione e comunicazione

 
La semplicità, la chiarezza e la sintesi soddisfano il bisogno di sicurezza di chi ascolta, mentre gli stimoli soddisfano il bisogno di coinvolgimento e partecipazione.
 

La preparazione dà sicurezza anche allo speaker. Uno dei modi per controllare la qualità di ciò che ci prepariamo a dire ad un pubblico è provare utilizzando un registratore, oppure, ancora meglio, una telecamera. Ascoltare la nostra voce registrata o rivedere la nostra performance su uno schermo ci aiuterà a renderci conto dei difetti che emergono dalla presentazione. Gradualmente, in prove successive, potremo correggerli fino a quando non saremo soddisfatti.

 
Il lavoro di preparazione genera una traccia scritta di ciò che andremo a dire, che non sarà proprio il caso di mettersi a leggere, se non vogliamo annoiare a morte. Però portarsi in tasca una traccia scritta è sempre una sicurezza. A tutti i principianti è raccomandabile questa buona abitudine. E’ un po’ come la rete per i trapezisti del circo, nessun trapezista diventerebbe mai esperto se non usasse la rete quando è un principiante.
 

Stile personale e gestione degli stati interni: il “come lo dico”

citazione Dale Carnegie

Il “come lo dico” comprende molti diversi aspetti: il contatto oculare, la prossemica (cioè la gestione degli spazi), la gestualità, la postura… Ognuno di questi aspetti ci verrebbe naturale (come sostiene Dale Carnegie nella citazione) se la nostra mente e il nostro dialogo interno non intervenissero cercando di controllare e di correggere.

 
A tutti sarà capitato di conoscere qualcuno bravissimo a parlare in pubblico, sempre a proprio agio nelle varie situazioni. Indubbiamente lo “stile personale” di un oratore di questo genere rimane impresso, e la tentazione è quella di imitarlo, di assomigliargli.
 
Ma ciò che rende attraente uno stile non sono le caratteristiche dello stile in se stesse, ma il fatto che questo stile sia un’espressione autentica della persona che lo interpreta. Se cercherete di adottare uno stile che non è il vostro perché ritenete di doverlo fare, il vostro modo di presentare in pubblico risulterà poco attraente.
 
L’efficacia in campo comunicativo non è quindi legata ad uno stile particolare, non c’è uno stile migliore di un altro. Il nostro stile personale è legato a chi siamo noi e alla nostra storia, ci caratterizza, ci rende “riconoscibili”.
 
Ciò che c’è da fare riguardo al nostro stile non è cambiarlo, nel tentativo di farlo assomigliare a quello di qualcuno che ammiriamo, ma renderlo “più visibile”: se cerchiamo di nascondere qualcosa di noi che non ci piace, ci stiamo creando un ostacolo. Più cerchiamo di nascondere qualcosa, più questo tentativo diventa evidente alle persone in relazione con noi.
 
Rendere visibile il proprio stile vuol dire “essere allineati” con esso, e questo ha a che fare con l’idea che in ogni persona esiste una linea direttrice esistenziale del tutto personale, che dà alla propria vita una direzione, un senso e un certo “tema”, e che il procedere armonioso lungo questa linea produce esperienze di “allineamento”.
 
“Ciascun individuo ha ricevuto nelle proprie mani un meraviglioso potere nel bene o nel male: la muta, inconscia, invisibile influenza della sua vita. Essa è semplicemente l’irradiazione costante di quello che l’uomo è realmente, non di quello che pretende di essere” (W. G. Jordan)
 

Bisogna quindi usare al meglio “ciò che c’è”, e trasformare i propri limiti in punti di forza. In che modo? In che modo una persona timida, ad esempio, potrebbe trasformare i suoi limiti in punti di forza? Se una persona è timida non si trova a suo agio quando tutta l’attenzione è centrata su di lui. Questo potrebbe motivarlo a dare ampio spazio al suo uditorio, in modo che l’attenzione del gruppo non sia sempre focalizzata su di sé ma suddivisa su molti dei partecipanti. Il risultato sarebbe, in questo caso, un ottimo parlatore in pubblico, particolarmente portato a valorizzare i contributi di tutti.

 

Alcune indicazioni per gestire l’ansia, le paure e per guadagnare naturalezza:

 
  • esercizio delle “peggiori fantasie”: esercitarsi la settimana precedente la presentazione che ci preoccupa, per cinque minuti al giorno, nel pensare deliberatamente ad un esito catastrofico della nostra presentazione. E’ importante che l’esercizio duri, ogni giorno, i cinque minuti interi. Presupposto di questo esercizio è che evitare i pericoli genera paura, mentre i pericoli guardati in faccia generano coraggio.
  • Pubblicizzare ciò che si vorrebbe nascondere. L’ansia prima delle presentazioni in pubblico non è niente di particolarmente negativo: ha conseguenze negative il pensare di dovere nascondere quest’ansia. Per cui, al momento di iniziare il proprio intervento, valutare la propria ansia su una scala da 1 a 10. Se l’ansia è superiore a 5, la prima frase della presentazione farà riferimento alla nostra emozione, scusandoci preventivamente per eventuali errori.
Tutti noi abbiamo il potere di decidere di vivere una grande vita, o ancora più semplicemente, di non vivere solo una bella giornata, ma una grande giornata. Non importa per quanto tempo abbiamo camminato sul sentiero verso la mediocrità, possiamo sempre decidere di cambiarlo. Sempre. Non è mai troppo tardi. Possiamo trovare la nostra voce (Stephen Covey)
Maria Soldati & Fabrizio Pieroni
 
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4 Commenti

  1. Bell'articolo…
    Io personalmente costruisco un personaggio e recito 😉
    Buon lavoro

  2. Bell'articolo…
    Io personalmente costruisco un personaggio e recito 😉
    Buon lavoro

  3. Grazie Oreste!
    parlare in pubblico, e la comunicazione in genere, ha molto in comune con le performance teatrali…

  4. Grazie Oreste!
    parlare in pubblico, e la comunicazione in genere, ha molto in comune con le performance teatrali…

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