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Siamo abituati a pensare che grandi risultati richiedano azioni eclatanti.
Sopravalutiamo l’importanza del momento in cui raggiungiamo un obiettivo importante e sottovalutiamo i piccoli miglioramenti che abbiamo fatto giorno per giorno e che ci hanno portato all’obiettivo.

Gli effetti di una piccola azione quotidiana a volte non sono neppure percepibili, ma nel lungo periodo possono dare risultati straordinari.

Le abitudini e i piccoli passi sono l’interesse composto del miglioramento. Come il denaro si moltiplica attraverso l’interesse composto, gli effetti delle abitudini  e di piccole azioni si moltiplicano reiterandole.

L’impatto generato dalle abitudini è simile a ciò che succede se modifichiamo anche di pochi gradi la rotta di un aereo: a seconda della lunghezza dell’itinerario, ci ritroveremo molto distanti da dove saremmo arrivati senza la modifica.
Analogamente, un piccolo cambiamento delle nostre azioni quotidiane può condurci verso destinazioni molto diverse.

E’ molto più importante la nostra attuale traiettoria piuttosto che gli attuali risultati, perché i risultati che otteniamo non sono indicatori attendibili della direzione che stiamo seguendo.

 

Il saldo del nostro conto corrente non è significativo delle nostra abitudini di spesa: lo è, invece, la differenza tra quanto guadagniamo e quanto spendiamo.

Cubetto di ghiaccio
Immaginiamo un cubetto di ghiaccio in una stanza dove vi siano 7° sotto zero, e che la stanza cominci a riscaldarsi.
-6°
-5°
-4°
Non succede niente
-3°
-2°
-1°
Continua a non succedere niente.
 
A zero gradi, il ghiaccio comincia a sciogliersi. Una variazione di un grado, uguale alle precedenti, ha portato ad un grande cambiamento.
 
I momenti di svolta sono spesso il risultato di molte azioni precedenti, che hanno costruito il potenziale richiesto per scatenare un cambiamento importante.
 
 
Anche le piccole azioni e le abitudini non sembrano fare differenza finché non si supera una soglia critica, che sblocca un nuovo livello di prestazioni.
 
Lamentarsi di non aver ottenuto niente nonostante l’impegno in una nuova abitudine, è come lamentarsi del cubetto di ghiaccio che non si scoglie nonostante lo abbiamo riscaldato da -7 gradi a -1 grado. L’impegno non è andato sprecato, ma tutto succederà a 0 gradi.
 
Così i benefici, ad esempio, di un’attività fisica quotidiana, o della meditazione, o dello studio, non sono immediati, ma si manifestano solo dopo aver oltrepassato la soglia critica.
Questo genera dei momenti di delusione che rischiano di farci abbandonare ottime abitudini.
 
Anche in natura le cose funzionano così. Il risultato delle abitudini  e delle piccole azioni ad esse correlate assomigliano a due placche tettoniche, che per migliaia di anni possono scorrere l’una contro l’altra. Non succede niente, in apparenza, ma la tensione cresce. Fino a che la tensione sfocia in un terremoto. Il cambiamento ha richiesto anni, per poi manifestarsi tutto in una volta.
 
 

Survivorship bias: gli errori nel sovrastimare l’importanza dell’obiettivo

Se leggiamo la biografia di un “vincente”, ad esempio un atleta, impariamo che questa persona aveva sempre avuto l’obiettivo di vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi.
 

Nel considerare gli obiettivi, siamo condizionati dal Survivorship bias: tendiamo a concentrarci su chi, alla fine, è risultato vincente – il sopravvissuto – e diamo per scontato, erroneamente, che l’obiettivo ambizioso lo abbia portato al successo (trascurando chi aveva lo stesso obiettivo ma non ce l’ha fatta).

Qualunque atleta olimpionico vuole vincere una medaglia. Qualunque candidato vuole essere assunto. Se vincitori e perdenti condividono gli stessi obiettivi, allora non può essere questo a fare la differenza fra loro. 

L’obiettivo viene raggiunto quando viene implementato un metodo fatto di piccoli e costanti miglioramenti.  

Dimenticare gli obiettivi, concentrarsi sul processo

Gli obiettivi sono utili per dare una direzione, ma quello che ci fa fare progressi è il processo, il metodo che adottiamo, grazie al quale l’obiettivo sarà raggiunto.

  • Vincenti e perdenti hanno lo stesso obiettivo. Molti atleti partecipano ad una gara, e molti hanno l’obiettivo di vincerla, ma la differenza la fa il metodo con cui l’hanno preparata.
  • Un obiettivo raggiunto potrebbe dare risultati solo temporanei. Per esempio, immaginiamo di avere la stanza in disordine e di riordinarla. Le cose saranno cambiate per il momento, ma se ricadiamo nelle abitudini alla base del disordine, saremo presto al punto di prima.
  • Se si ha una mentalità che mette al primo posto il processo, non c’è bisogno di aspettare il raggiungimento dell’obiettivo per essere soddisfatti, ma si può esserlo ogni volta che si mettono in pratica le azioni che ci porteranno all’obiettivo.
Perché alcune abitudini non producono risultati?
I livelli logici della PNL

Ci sono modi di pensare che formano le nostre convinzioni su noi stessi:

  • Non sono costante
  • Non sono capace di ricordarmi i nomi delle persone
  • Sono sempre in ritardo
  • Non sono portato per la matematica

Quando ci si ripete la stessa storia per anni, è facile accettarla come un dato di fatto.
Si rifiutano determinate azioni perché «io sono fatto così».
Più un pensiero o un’azione è legata alla nostra identità, più è difficile cambiarla.


Per approfondimenti sul modello dei livelli logici:


 
L’obiettivo non è quindi scrivere un libro, ma diventare uno scrittore.
L’obiettivo non è correre una maratona, ma diventare un corridore.
L’obiettivo non è quello di imparare a suonare uno strumento, ma diventare un musicista.
 
Cambiamo poco a poco, giorno dopo giorno, abitudine dopo abitudine: siamo soggetti ad una continua ridefinizione di noi stessi.
 
  • Ogni abitudine è come un suggerimento: «Forse è questo che sono!»
Se finisco un libro, allora forse sono una persona che ama leggere.
Se vado in palestra, allora forse sono una persona che ama allenarsi.
Se mi esercito con la chitarra, allora forse sono una persona che ama la musica.
 
Sono quindi importanti queste due fasi:
  1. Decidere che tipo di persona si vuole essere
  2. Dimostrarlo a se stessi con piccole vittorie
Epitteto
 
  • Chi vogliamo essere? (come individui, come squadra, come azienda…)
  • Che cosa vogliamo rappresentare? Quali sono i nostri principi e i nostri valori? Chi desideriamo diventare?
  • Qual è il tipo di persona in grado di ottenere il risultato che voglio?
  • Qual è il tipo di persona in grado di raggiungere il peso forma?
  • Qual è il tipo di persona che può imparare un’altra lingua?
  • Qual è il tipo di persona in grado di scrivere un libro?
 
Queste domande possono portare a convinzioni su se stessi del tipo:
  • Sono il genere di medico che dedica ad ogni paziente il tempo e l’empatia di cui ha bisogno.
  • Sono il genere di manager che fa crescere i propri dipendenti.
Una volta capito che genere di persona vogliamo essere, possiamo cominciare a fare piccoli passi per rafforzare l’identità che desideriamo.
  • Stiamo diventando il genere di persona che vorremmo essere?
Da leggere:

Monitorare le abitudini

Non ci sono buone o cattive abitudini: dipendono dal contesto e dagli obiettivi della persona. Si può quindi parlare di abitudini efficaci o inefficaci.
E’ utile monitorare l’efficacia delle proprie abitudini.
 
Come si decide se un’abitudine è efficace oppure no? Rispondendo alla domanda:
«Questo comportamento mi aiuta a diventare il tipo di persona che voglio essere?»

Si può fare un elenco delle abitudini quotidiane, e poi valutarle:

  •  + se efficaci,
  • – se inefficaci, 
  • = se neutre
 
Un esempio potrebbe essere:
  • Alzarsi quando suona la sveglia +
  • Spegnere la sveglia +
  • Controllare il cellulare –
  • Fare colazione +
  • Fare esercizio fisico +
  • Andare in bagno, farsi barba e doccia+
  • Vestirsi =

A cosa servono le abitudini?

Servono a far risparmiare energia al nostro cervello e ad essere efficaci.
Lo psicologo Edward Thorndike nel 1898 studiò le abitudini dei gatti. In pratica metteva una gatto in una gabbietta, in cui c’era un sistema (muovere una leva, o altro) che apriva la gabbia e dava la possibilità al gatto di scappare e di andare a mangiare.

Ogni gatto, appena inserito nella gabbia, voleva uscirne. La prima volta, durante l’esplorazione, faceva il movimento giusto per caso, mettendoci un po’ di tempo. Dopo venti o trenta prove tutti i gatti riuscivano ad uscire dalla gabbia nel giro di pochi secondi. Facevano meno errori e i loro comportamenti diventavano via via più rapidi e più automatici.

 
Un’abitudine è un comportamento che è stato ripetuto un numero sufficiente di volte da diventare automatico.
 
Quando incontriamo una situazione nuova, ci impegniamo  per cercare di capire che cosa potrebbe funzionare, e l’attività cerebrale è elevata.
Poi ci imbattiamo nella soluzione. Dopo esserci imbattuti in un risultato, magari inatteso, modifichiamo la strategia per la volta successiva, catalogando gli eventi che hanno preceduto la gratificazione.
 
Questo è il ciclo di retroazione che è alla base dei comportamenti umani: tentare, fallire, apprendere, provare in modo diverso. Con la pratica i gesti inutili spariscono e quelli utili vengono rafforzati.
 
Abitudini
 
Con l’instaurarsi delle abitudini, l’impegno cerebrale diminuisce. Quando in futuro si presenterà una situazione simile, sapremo esattamente che cosa fare. Il cervello salta la parte del tentativo e del fallimento, e genera una regola: se questo, allora quello.
 
Naturalmente le abitudini possono anche essere limitanti ed indurci in errore, ma monitorandole costantemente questi effetti negativi si possono ridurre.
 
Instaurare abitudini è utile perché il pensiero cosciente è il collo di bottiglia del cervello, perché può prendere in esame una cosa per volta. Ogni volta che è possibile, la mente cosciente preferisce scaricare compiti all’inconscio, che li esegue automaticamente, con l’effetto di ridurre il carico cognitivo e liberare capacità mentale.
 
Attenzione: le abitudini non limitano la libertà, ma la creano.
 
  • Senza buone abitudini economiche ci ritroveremo sempre a faticare per far tornare i conti.
  • Senza buone abitudini di studio faremo fatica a prepararci per un esame.
  • ….

Tutto quello che ti serve sapere per raggiungere i tuoi obiettivi

Maria Soldati e Fabrizio Pieroni


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