Problemi che nascono dal linguaggio

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Il 9 giugno si è svolto il seminario di PNL Apps: “Le parole che imprigionano (e come liberarsi)” che si è occupato del linguaggio, degli aspetti che ci favoriscono e degli aspetti che ci danneggiano.

La maggior parte di quanto sappiamo e crediamo ci è stata insegnata da altri, per mezzo di una lingua che altri hanno creato. Senza la lingua la nostra capacità di pensare sarebbe assai meschina e paragonabile a quella di altri animali superiori (Albert Einstein)

Due funzioni del linguaggio

Il linguaggio ci è indispensabile per due motivi:

  1. per comunicare con gli altri
  2. per rappresentare la nostra esperienza: esiste un uso puramente interiore delle parole, che permette di ragionare tra sé e sé, riflettere, lasciare libero corso a pensieri e memorie.

Riguardo questo secondo utilizzo del linguaggio, riportiamo questa citazione di Galimberti:

Ricordo che nel 1976 il linguista Tullio De Mauro, di recente scomparso, aveva fatto una ricerca per vedere quante parole conosceva un ginnasiale: il risultato fu circa 1600. Ripetuto il sondaggio venti anni dopo, il risultato fu che i ginnasiali del 1996 conoscevano dalle 600 alle 700 parole. Oggi io penso che se la cavino con 300 parole, se non di meno. E’ un problema? Si, è un grosso problema perché, come ha evidenziato Heidegger, riusciamo a pensare limitatamente alle parole di cui disponiamo, perché non riusciamo ad avere pensieri a cui non corrisponde una parola. Le parole non sono strumenti per esprimere il pensiero, al contrario sono condizioni per poter pensare. (Umberto Galimberti)

Anzitutto con la sua presenza la parola rafforza memorie cui sia connessa. Per esempio, più aggettivi e nomi di colori conosciamo, e cioè più e meglio articoliamo il campo semantico del colore, meglio distinguiamo i diversi colori e però, d’altra parte, meglio e più lavoriamo e viviamo distinguendo i colori, come fanno i pittori, i restauratori o i tessili, e meglio impariamo a capire nomi e aggettivi di colori. (Tullio de Mauro)

Grazie al linguaggio, quindi, ci rappresentiamo le cose con maggiore o minore precisione, e sulla base di queste rappresentazioni immaginiamo soluzioni e progettiamo il futuro. E’ dunque un aspetto fondamentale del nostro ragionare: senza linguaggio non c’è ragionamento.

Come il linguaggio modella la nostra vita e il Metamodello PNL

La prospettiva io-qui-ora

Occupiamoci ora di un altro aspetto: che differenza c’è tra le seguenti due frasi?

  • C’è l’arcobaleno
  • Vedo l’arcobaleno

La differenza risiede nelle prospettive Io/tu, qui/là, ora/allora.
La prospettiva io-qui-ora è l’unica di cui abbiamo esperienza diretta, eppure spesso agiamo e reagiamo come se esistesse per noi un’altra prospettiva.

 


Possiamo immaginare l’esperienza di un’altra persona. Ma comunque nessuno può davvero arrivare a tu, là, allora.

Essere verbalmente competenti significa essere nella posizione io-qui-ora.

Essere nella posizione io-qui-ora è ciò che permetteva al mio gatto di sentirsi assolutamente tranquillo e di appisolarsi dopo aver raggiunto una posizione di sicurezza nel quale il cane lupo che lo perseguitava non sarebbe potuto arrivare.

A noi non potrebbe succedere come al gatto:
  • come umani, non possiamo pensare alla sicurezza senza metterla in relazione con il suo opposto.
  • la sicurezza è ciò che è per noi, proprio a causa del suo non essere il suo opposto.
  • essendo ogni cosa correlata con il suo opposto, contattiamo continuamente eventi che non sono presenti: contattiamo la paura e il pericolo anche quando non sono effettivamente presenti.

Naturalmente la nostra capacità di preoccuparsi per eventi che non si stanno verificando, ma potrebbero verificarsi, ci ha aiutato a programmare efficacemente, ad evitare imprevisti…. Ma il prezzo che paghiamo è convivere costantemente con sensazioni spiacevoli.

A questo punto è importante trasformare la nostra relazione con queste sensazioni e pensieri spiacevoli. Mediante la Mindfulness, ad esempio, si può passare da un contesto di fusione ed evitamento ad uno di defusione e accettazione.

La de-fusione è il processo mediante il quale prendiamo le distanze dai nostri pensieri, evitiamo di fonderci con essi e di scambiarli per verità assolute. Ci rendiamo conto che, in definitiva, i nostri pensieri sono soltanto storie. Passiamo dal pensare, ad esempio “Le cose non stanno andando bene” a “Sto pensando che le cose non stiano andando bene”. Riportiamo la nostra prospettiva a io-qui-ora. 

L’evitamento è la nostra tendenza a non essere disponibili a provare e sperimentare sensazioni che ci danno fastidio, spingendoci a lottare contro di essi. Purtroppo dimentichiamo che

Se non lo vuoi, lo avrai! (Steven Haies)

Questo significa che se noi detestiamo provare ansia e non siamo disponibili a provarla, ne proveremo di più e più a lungo. Attraverso la mindfulness possiamo trasformare questo evitamento in accettazione, evitandoci molte occasioni di sofferenza.

Maria e Fabrizio
Fondamenti di RFT

 

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