domande
 
 

Pensiamo di avere un problema quando la situazione in cui ci troviamo, per qualche motivo, non ci soddisfa.

Possiamo essere insoddisfatti del nostro lavoro, della nostra situazione sentimentale, di come è andato il campionato della nostra squadra del cuore.
 

A volte incontriamo difficoltà nel risolvere problemi o raggiungere obiettivi a causa di una formulazione confusa. E formulare un problema in modo confuso è la premessa per non riuscire a risolverlo.Spesso il modo in cui ci poniamo un problema aumenta la confusione, che è il risultato della cattiva qualità delle domande che ci poniamo a proposito del problema.

È più facile giudicare l’ingegno di un uomo dalle sue domande che non dalle sue risposte.
(Pierre-Marc-Gaston de Lévis)

Problemi formulati in modo confuso

Supponiamo che il nostro problema sia:

  • Stato presente: L’Ufficio paghe non prepara le paghe per il 27 del mese.
  • Stato desiderato: L’Ufficio paghe prepara le paghe per il 27 del mese.
In questo modo il problema è formulato correttamente, e lascia aperte l’indagine sulle cause, la preparazione del piano d’azione e la prefigurazione degli effetti.
 
 
Potrebbero verificarsi queste confusioni:
 
Confusione tra obiettivo ed effetti:Il problema è che solo quando prenderemo lo stipendio il 27 saremo più tranquilli
Confusione tra problema e cause:Il problema è che l‘Ufficio paghe preparerà le paghe per il 27 quando avrà risolto le sue problematiche
Confusione tra problema e piano d’azione:Il problema è che l‘Ufficio paghe preparerà le paghe per il 27 quando avrà assunto due persone in più

I rischi nell’analisi dei problemi:

  • confondere i “sintomi” con le “cause”
  • confondere i fatti con le opinioni (che sono invece considerazioni sui fatti)
  • tralasciare i fatti “scomodi” (quelli che mi disconfermano un opinione, quelli che immagino mi creeranno delle difficoltà…)
  • ricercare informazioni “impossibili” (per amor di completezza ricerco informazioni a costi di ricerca più elevati dei benefici di informazioni che otterrò)
  • saltare alle conclusioni (prima di aver approfondito l’analisi)

Le domande che aiutano a definire i problemi:

  • Come sappiamo che esiste un problema?
  • Qual è il problema?
  • Cosa caratterizza questo problema?
  • A chi e/o a che cosa è riferito il problema?
  • Quanto è grande il problema?
  • Dove e quando si manifesta il problema?
  • Dove e quando non si manifesta?

Pseudo problemi

A volte però ci troviamo di fronte a falsi problemi o pseudo problemi e questo succede quando lo stato desiderato:

  • è impossibile da raggiungere
  • non è sotto la responsabilità di chi si pone il problema (in questo caso è però possibile riformulare il problema).
Qualche esempio in cui è impossibile raggiungere lo stato desiderato:
  • E’ morto x (un mio congiunto) e io sono triste e non ho voglia di far niente. Vorrei non essere così triste!
  • Non voglio avere conflitti, mai!
  • Vorrei che tutto questo non fosse mai successo
 
 
pseudoproblemi

In tutti questi casi lo stato desiderato non è raggiungibile.

 
Le nostre aspettative e le nostre convinzioni influenzano il nostro modo di percepire i problemi: più i nostri standard sono elevati, più problemi creiamo.
 
Un aspetto poco curato di un cameriere non costituisce un problema in un’osteria di campagna, ma lo diventa in un ristorante di alto livello. Una stanza può essere pulitissima secondo gli standard più abituali, ma il livello di pulizia può essere insufficiente se si tratta di una sala operatoria.
 

Competitività = Capacità di inventare/trovare continuamente nuovi problemi (A. Galgano)

Le aspettative molto elevate ci spingono quindi a raggiungere obiettivi più elevati, ad aumentare le competenze e, in campo professionale, sono l’essenza della competitività.

Approfondimento: 
Più di prima: quando la soluzione è il problema
Modelli di Problem Solving
 
A volte, però, le aspettative sono irraggiungibili perché così elevate da risultare irrealistiche. Se io mi aspetto che una relazione sentimentale, per essere positiva e soddisfacente, debba essere del tutto priva di conflitti, pongo le premesse per rimanere deluso.
 
Change

Change: la formazione e la soluzione dei problemi

 
 
 
 
 
 
 
Quindi, attenzione alle aspettative irrealistiche! Nel dire questo, non vogliamo spingere nessuno ad accontentarsi e a non porsi obiettivi sfidanti. 
 

Emozioni e problemi

Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicofisiologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi.

In termini evolutivi, o darwiniani, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente.

A questo proposito, Paul Ekman individuò sette emozioni primarie; le definì in questo modo perché le espressioni non verbali di queste emozioni sono universali e riscontrabili in tutte le popolazioni conosciute, perfino in quelle isolate dal resto del mondo:

  • rabbia
  • tristezza
  • sorpresa
  • disgusto
  • paura
  • gioia
  • disprezzo

Le emozioni hanno uno scopo: ci avvertono su come stiamo pensando, osservando, valutando le situazioni e lo fanno utilizzando un linguaggio fisico, analogico che incarna lo scopo, la funzione, per le quali esistono:

emozionescopo
pauraevitare un pericolo
rabbiaeliminare un ostacolo
sorpresaguadagnare tempo di fronte ad un evento inatteso
doloreriprendersi dopo una perdita
disgustoespellere un veleno

Ricostruire l’emozione che caratterizza l’insoddisfazione di fronte al problema è molto utile per capire in quale direzione la persona vorrebbe muoversi:

  • avvicinarsi a qualcosa che desidera
  • allontanarsi da qualcosa che non desidera
via da - verso
 
 

Per ricostruire le parti mancanti possono essere utili domande di questo tipo:

  • Allo scopo di?
  • Ci sono altri scopi?
  • C’è qualcosa che pensi di non essere capace di ottenere?
  • C’è qualcosa che ti preoccupa nell’andare in quella direzione?
 

Come il cervello moltiplica i problemi

Il cervello moltiplica i problemi sviluppando alcuni schemi che poi si estendono senza un reale motivo. In seguito a ciò, abbiamo la sensazione che i problemi si accumulano, ma non è così.
 
Siamo soliti dire che “i problemi non vengono mai da soli” oppure che “una volta iniziati, i problemi non finiscono mai”. Questo fatto però non è reale, dipende dalla distorsione cognitiva per cui il cervello moltiplica i problemi.
 
Quando dobbiamo risolvere una difficoltà, entriamo in uno stato di allerta, e ci dedichiamo alla risoluzione del problema; ma anche dopo esserci riusciti, il cervello continua ad applicare il criterio di allerta e di pericolo anche a ciò che non rientra in questa categoria.
 
Per esempio immaginiamo di avere un’accesa discussione con un collega. Torniamo alla nostra postazione di lavoro e armeggiamo nervosamente al computer. Il video ci mostra un messaggio di errore inaspettato e questo succede non perché il computer funzioni male, ma perché ci sentiamo ancora scombussolati e siamo, in qualche modo, fuori uso. Potremmo pensare “oggi mi va tutto storto”, ma in realtà non è così.
 
 
 
Maria Soldati & Fabrizio Pieroni
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