Uscire dalla zona di confort per migliorare le prestazioni

top gun

Come migliorare la performance? Oggi presenteremo un modello che ha dimostrato una grande efficacia: il modello TOP GUN, nato in ambito militare che consiste nello spingere gli allievi ogni giorno fuori dalla loro “zona di confort”.

In pratica, le condizioni dell’addestramento li spingevano a sbagliare e proprio da questi errori scaturiva un miglioramento della performance.

Nel 1968, durante la guerra del Vietnam, la Marina statunitense era in difficoltà, e voleva migliorare drasticamente l’abilità dei propri piloti.

Idearono allora questo nuovo modo di addestrare i propri piloti: inserirono nel progetto Top Gun i loro piloti più promettenti, in una formazione chiamata Forza blu.

Durante la fase di addestramento, la Forza blu  avrebbe dovuto fare ogni giorno un combattimento simulato contro una formazione chiamata Forza rossa.

La Forza rossa era formata dagli istruttori della Marina,  i più bravi in assoluto. Gli scontri diretti erano tendenzialmente vinti dalla Forza rossa.  Tra l’altro, dopo un gruppo in formazione, ne succedeva un altro, e gli istruttori della Forza rossa diventavano via via sempre più efficaci.

Migliorare la performance

Gli studenti erano così spinti, ogni giorno, sull’orlo della sconfitta, fuori dalla “zona di confort”, e imparavano di cosa erano capaci gli aerei e come sfruttarli al massimo. 

Gli aerei non erano dotati di armi, né di missili: al loro posto, c’erano delle telecamere. Per cui, dopo ogni scontro aereo, avevano modo di riflettere su quanto avvenuto nel combattimento simulato. Gli istruttori mostravano i video del combattimento e invitavano gli studenti a riflettere circa  domande di questo tipo:

  • cos’hai notato mentre eri lassù?
  • quali azioni hai intrapreso?
  • perché hai scelto di fare così?
  • quali errori hai commesso?
  • cosa avresti potuto fare di diverso?

Caratteristiche di questo modello sono:

Il primo passo per migliorare le prestazioni è capire che il miglioramento è possibile solo se vengono abbandonati i consueti modi di fare, uscendo dalla propria area di confort.

E per farlo occorre sfatare tre miti diffusi:

  1. Il primo è la convinzione che le nostre abilità siano limitate da caratteristiche genetiche o di personalità prestabilite: «Non sono una persona  creativa.» «Non riesco ad impormi sulle altre persone.» «Non posso fare molto meglio di cosi.» L’esperienza dimostra invece che  una formazione efficace può aiutare chiunque a migliorare in quasi ogni attività su cui si scelga di concentrarsi.
  2. Il secondo mito afferma che se pratichiamo un’attività abbastanza a lungo diventeremo necessariamente più bravi. In realtà, rifare la stessa cosa tante volte nello stesso identico modo non è una ricetta per migliorare; al contrario, conduce alla stagnazione e al declino graduale.
  3. Il terzo mito sostiene che per migliorare non serva altro che l’impegno. Se vi sforzate abbastanza migliorerete. Se volete diventare manager più capaci, impegnatevi di più.  La verità è che per migliorare in un’attività specializzata, limitarsi ad impegnarsi di più non porta molto lontano.

La mentalità della pratica intenzionale offre un punto di vista molto diverso: chiunque può migliorare, ma solo con l’approccio giusto. Se non migliorate, non è perché vi manchi un talento innato; è perché non vi esercitare nel modo giusto. Una volta compreso questo, la questione è scoprire quale sia il «modo giusto» (K.A.Ericsson)

Come si può trasferire questo modello in una realtà di tutti i giorni, considerando anche che il tempo a disposizione per “esercitarsi” non è molto?

Uscire dalla zona di confort nel lavoro quotidiano

Applichiamo, per esempio, questo modello ad una una riunione aziendale. In una tipica riunione aziendale c’è una persona che fa una presentazione in PowerPoint, mentre dirigenti e colleghi siedono nella penombra sforzandosi di rimanere svegli.

Una presentazione viene fatta per un determinato obiettivo aziendale. Senza perdere di vista quell’obiettivo è possibile riprogettare la riunione perché possa diventare anche un momento di apprendimento.

Ad esempio, il relatore  potrebbe scegliere una particolare competenza su cui focalizzarsi — catturare l’attenzione di tuti, per esempio, o parlare in modo più spontaneo e meno costruito, o rendere interessanti le slide di PowerPoint — e potrebbe impegnarsi su quel particolare aspetto durante la presentazione.

I colleghi, dal loro posto,  potrebbero prendere appunti sull’efficacia della presentazione e in seguito potrebbero allenarsi a dare feedback.

Se questo esercizio viene svolto una sola volta, il presentatore potrà ricevere qualche consiglio utile, ma se l’azienda invita i dipendenti a esercitarsi in questo modo a tutte le riunioni, i progressi saranno graduali ma costanti.

I principali vantaggi di questa impostazione sono:

  • trasforma  la pratica e la riflessione sulla pratica in un’abitudine
  • l’enfasi non viene posta sul sapere, ma sul saper fare.

Una volta compresa l’importanza dell’esercitarsi regolarmente, le persone si mettono alla ricerca di opportunità per trasformare normali attività lavorative in esercitazioni.
Esercitarsi diventa così una parte come un’altra della giornata lavorativa.

Se tutto va per il verso giusto, il risultato è un atteggiamento del tutto diverso da quello abituale, in cui il lavoro e la formazione vengono praticati in momenti distinti: quando si lavora si lavora, e la formazione si fa nei momenti previsti, con l’aiuto di un consulente esterno o interno.

Questo è un modo per fare coesistere le due attività, e non è indispensabile la presenza di un consulente.

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Maria Soldati e Fabrizio Pieroni
 

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