Verso un vita piena e significativa – ACT e Mindfulness

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Dal 2004 ci occupiamo professionalmente di Counseling, e da allora ci siamo dati da fare per trovare  e studiare modelli che ci permettessero di essere più efficaci nell’aiutare noi stessi e i nostri clienti.

Questo nostro atteggiamento deriva dalla nostra formazione PNL. La PNL (non la PNL sensazionalistica da due soldi in cui spesso ci si imbatte su internet) ha la passione di studiare tutto ciò che funziona bene.

La PNL “modella” le persone e le performance eccellenti, ma anche  i modelli comunicativi, formativi e terapeutici eccellenti. In questo caso, studia la struttura profonda di ciò che rende efficace un determinato modello.

Abbiamo fatto questa premessa per chiarire meglio il nostro atteggiamento di curiosità e di apertura verso modelli diversi da quelli che abbiamo imparato presso la nostra Scuola, PNL Meta.

In questo articolo vogliamo presentarvi un modello che conosciamo da sei anni circa, e che pratichiamo con grande soddisfazione, nostra e dei nostri clienti: l’ACT.

Abbiamo spesso presentato su questo blog argomenti correlati a questo modello, ma ora cercheremo di trattare l’ACT in un modo più organico e ordinato, rimandando via via ai post in cui i vari argomenti sono stati trattati.

ACT: che cos’è?


L’ACT, Acceptance and Commitment Therapy, è una scuola psicoterapeutica mindfulness-based di recente diffusione che fa parte di quella che viene definita la “terza ondata” della terapia cognitivo comportamentale. C’è l’abitudine di pronunciare l’acronimo ACT non lettera per lettera, ma come fosse una parola, per evidenziarne la propensione all’azione concreta.

L’ACT è una filosofia, un modo di vedere la vita, ed un numeroso insieme di tecniche.

La pratica della Mindfulness  è parte integrante del modello e potete sperimentarla andando al post Mindfulness: guida pratica per iniziare.

La pratica dell’ACT implica alcuni presupposti di base:

  • È naturale provare un certo livello di dolore fisico o emozionale, la vita ne ha per tutti. Questo (che viene definito «dolore pulito») è inevitabile, ma non è questo alla radice dei nostri problemi. I problemi nascono perché noi non siamo disposti a provare queste sensazioni spiacevoli, e ci sforziamo in tutti i modi di evitarle e di combatterle, mettendo in atto varie strategie. Ma quando ci mettiamo a combattere le nostre sensazioni spiacevoli, i nostri livelli di dolore aumentano rapidamente, e questa sofferenza ulteriore viene definita «dolore sporco».

non pensare ad un elefante rosa

  • Nel combattere le nostre sensazioni spiacevoli adottiamo una certa nostra attitudine al problem solving, che potrebbe essere così sintetizzata: quando qualcosa non ti piace, studia come sbarazzartene e poi sbarazzatene. È una modalità che funziona abbastanza bene, fuori dalla nostra pelle: se non vogliamo lo sporco sul pavimento utilizziamo l’aspirapolvere e ce ne sbarazziamo. Ma se applichiamo questo principio alla nostra personale esperienza interiore, fallisce miseramente. Si sa che il risultato della frase: “Non pensare ad un elefante rosa” è appunto pensare ad un elefante rosa; e ciò che è vero per i pensieri, lo è anche per le emozioni. Da qui nasce la frase di Steven Hayes: “Se non lo vuoi, lo avrai!” che concretamente significa che se, per esempio, non siamo disponibili a provare ansia, proveremo molta più ansia e più a lungo.
  • Le nostre menti, durante l’evoluzione, si sono sviluppate per aiutarci a sopravvivere in un mondo pieno di pericoli. La priorità della mente dell’uomo primitivo era di prestare attenzione ai pericoli e di evitarli: la mente era quindi un dispositivo per non farsi uccidere. E ora, dopo 100.000 anni di evoluzione, la nostra mente è costantemente all’erta domandandosi: È buono o cattivo? È sicuro o pericoloso? È dannoso o utile? Così trascorriamo molto tempo a pre-occuparci di cose che, il più delle volte, non succederanno mai.

 

  • Un’altra priorità della mente dei nostri progenitori preistorici era l’appartenenza ad un clan, dal momento che esserne esclusi comportava la morte. Per cui ancora oggi ci domandiamo, come fosse questione di vita o di morte: Sto facendo la cosa giusta? Sto contribuendo abbastanza? Sono bravo come gli altri? Sto facendo qualcosa per cui potrei essere allontanato?
 
la nostra mente, per salvaguardarci

 
Sono più le cose che ci spaventano, Lucilio mio, di quelle che ci minacciano effettivamente, e spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà (Seneca, lettera a Lucilio)
 
  • La mente che abbiamo ereditato dai nostri progenitori è caratterizzata anche da una certa idea di successo: “Ottieni di più e migliora!” Maggiori sono le riserve di cibo, maggiori saranno le possibilità di sopravvivenza in caso di carestia; più il riparo è solido, più saremo protetti dalle intemperie… E ancora oggi la nostra mente, come fosse questione di vita o di morte, ci spinge a volere un corpo migliore, un lavoro migliore, più soldi, più amore… e quando raggiungeremo questi obiettivi saremo soddisfatti, almeno per un po’. Solo per un po’, perché presto ricominceremo a volerne di più.


L’ACT si propone:

  1. Di insegnare modi più efficaci di relazionarci con i nostri pensieri
  2. Di insegnare modi più efficaci di relazionarci che le emozioni che ci risultano spiacevoli
  3. Di insegnare modi più efficaci di mettere in atto un’azione impegnata, ispirata dai nostri valori

Da un punto di vista operativo, l’ACT si compone di sei processi intesi a raggiungere la flessibilità psicologica, che sono connessi tra loro:

i sei processi dell'ACT

Flessibilità psicologica:

Flessibilità psicologica
 

De-fusione

 

Abbiamo trattato questo argomento nella seconda parte del nostro post sul dialogo interno.

Riportiamo questa tabella che descrive la differenza tra quando siamo fusi con i nostri pensieri  e quando pratichiamo la de-fusione:

 
de fusione

Accettazione

Abbiamo trattato diffusamente il tema dell’accettazione nel post Essere felici: perché è così difficile?

L’accettazione si riferisce all’accettazione delle nostre esperienze e delle nostre emozioni, anche di quelle che non ci piacciono.

Dato che non ci piace provare alcune emozioni, ce la mettiamo tutta per non sperimentarle, adottando varie strategie:

strategie di evitamento
Strategie di evitamento
 

Connessione

 
Attraverso questo processo, possiamo connetterci con l’enorme estensione, ampiezza e profondità dell’esperienza umana.

La connessione con il momento presente viene favorita attraverso  esercizi di Mindfulness: abbiamo trattato questo tema nel post Il qui-e-ora e la Mindfulness

Sé-che-osserva

 

Abbiamo trattato il tema del sè che osserva nei post: 

In quest’ultimo post potrete sperimentare il se che osserva in modo diretto seguendo le istruzioni della traccia audio.

 
 
Il sè che osserva hover_share

Valori e Azione Impegnata

 

I valori hanno a che fare con il «tipo di persona che vogliamo essere», «per cosa vogliamo essere ricordati». Indicano una direzione da seguire, ciò che da senso, significato, spessore, alla nostra presenza e alla nostra esistenza. Nei momenti di difficoltà, ci indicano come è meglio reagire.

Azione impegnata significa fare ciò che serve (cosa e come fare) per vivere secondo i propri valori.
 
Abbiamo trattato questi temi del post Obiettivi, valori e azione impegnata.

 
 

Obiettivo dell’ACT è passare da uno stato di lotta e sofferenza ad una vita piena, ricca e significativa.

 

 
una vita piena e significativa
 

Ulteriori informazioni le trovate sul link dell’Associazione ACT Italia

 
Maria Soldati e Fabrizio Pieroni

 

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